Assegno privo di data e postdatato tra prassi e giurisprudenza

È stato chiesto al dipartimento di Consulenza Legale e Contrattuale di fornire alcuni chiarimenti in merito alle iniziative da assumere da parte di chi sia in possesso di un assegno privo di data.
Capita di frequente che le parti, nell’ambito delle contrattazioni, si scambino assegni privi dell’indicazione della data di emissione o con data successiva a quella in cui sono stati effettivamente staccati, con lo scopo di munire il beneficiario ivi indicato di uno strumento di garanzia dell’adempimento dell’obbligazione di pagamento gravante sull’emittente.
L’assegno bancario incompleto e, in particolare, quello privo di data o con data incompleta rappresenta, tuttavia, un titolo nullo, in quanto mancante di un requisito formale prescritto a pena di invalidità e, secondo quanto ritenuto dalla giurisprudenza, vale solo quale promessa di pagamento, nonché come prova scritta sufficiente per richiedere l’emissione di un decreto ingiuntivo ai sensi degli artt. 633 ss. c.p.c. (si sono espresse in questo senso, di recente, Cass. civ., Sez. I, 24 maggio 2016, n. 10710 e Cass. civ., Sez. III, 22 novembre 2013, n. 26232). Per quanto riguarda, invece, la postdatazione dell’assegno, essa non comporta, di per sé, la nullità del titolo, ma una mera irregolarità, ai sensi dell’art. 31, comma 2, r.d. 1736/1933, attribuendo al possessore il diritto di esigere immediatamente la prestazione, a fronte della presentazione dell’assegno per l’incasso.
Le pronunce che hanno affermato tali principi muovono dal presupposto che la legge attribuisce all’assegno bancario la funzione di mezzo di pagamento e non quella di strumento di credito, sicché l’accordo in virtù del quale viene emesso un assegno in bianco o postdatato con fini di garanzia è contrario alle norme imperative dettate dagli artt. 1 e 2 r.d. 1736/1933 (considerato che l’indicazione della data di emissione dell’assegno costituisce elemento fondamentale ai fini dell’individuazione del momento a partire dal quale decorre il termine per la sua presentazione per l’incasso e, quindi, dei confini che tendono a indirizzare l’utilizzo del titolo come mezzo di pagamento) e che, per quanto tale condotta non sia più connotata da rilevanza penale (a seguito dell’abrogazione, a opera dell’art. 12 l. 386/1990, della norma incriminatrice di cui all’art. 116, n. 3), r.d. 1736/1933), la ravvisata contrarietà dà luogo a un giudizio negativo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti dalle parti, alla luce del criterio della conformità a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume enunciato dall’art. 1343 c.c.
Sebbene sia stato affermato che non incorre nel delitto di falso in titolo di credito trasmissibile per girata, ai sensi degli artt. 485 e 491 c.p., il prenditore di un assegno consegnatogli a titolo di garanzia che lo ponga all’incasso, apponendovi (o facendovi apporre o lasciando che l’impiegato della banca cui il titolo viene presentato vi apponga) le indicazioni del luogo e della data di emissioni corrispondenti a quelle della presentazione per il pagamento (così Cass. pen., Sez. V, 22 dicembre 1993), si ritiene che, sotto il profilo civilistico, il prenditore non sia comunque autorizzato a completare l’assegno con la data di emissione mancante, di modo che la nullità prodottasi a fronte dell’emissione di un assegno incompleto non è sanabile (Trib. Prato, 11 aprile 1983).
Ciò a differenza del caso in cui nell’assegno non sia indicato il luogo di emissione, dal momento che, in simile ipotesi, la nullità del titolo è evitata allorché possa operare la regola suppletiva di cui all’art. 2, comma 4, r.d. 1736/1933 (in virtù della quale l’assegno si considera sottoscritto nel luogo riportato accanto al nome del traente).
Qualora venga posto all’incasso un assegno privo di data, pertanto, il pagamento dello stesso può essere legittimamente rifiutato, sebbene parte della dottrina non abbia mancato di sostenere che nulla esclude che l’assegno rilasciato incompleto nei suoi requisiti formali per mancanza di indicazione della data di emissione possa comunque ritenersi valido, se successivamente completato con l’apposizione dell’elemento mancante prima che si proceda alla sua presentazione alla banca per il pagamento. Tuttavia, un tale indirizzo pare non tenere in adeguata considerazione la nullità del patto sottostante all’emissione di un assegno privo di data, che, evidentemente, si estende anche all’accordo in forza del quale il prenditore del titolo può considerarsi legittimato a completarlo (o a farlo completare da terzi) in data successiva, laddove il traente non abbia adempiuto l’obbligazione a garanzia della quale ha consegnato l’assegno.
Va, inoltre, precisato che, qualora il possessore dell’assegno presenti il titolo non alla banca trattaria, ma all’istituto di credito di cui è correntista, chiedendo che il corrispondente importo venga accreditato sul suo conto corrente, il rapporto che viene a instaurarsi tra il correntista e la banca incaricata dell’incasso si inquadra nello schema contrattuale del mandato ad agire; in quest’ottica, sebbene la banca, con l’apposizione della girata da parte del prenditore, non acquisti la titolarità del documento e del credito in esso incorporato, bensì la mera legittimazione a esercitare il diritto inerente all’assegno, si ritiene che, a fronte del mancato pagamento dell’assegno da parte della banca trattaria per difetto di provvista, la banca che ha ricevuto il mandato all’incasso sia tenuta, oltre che a restituire il titolo, a fare levare il protesto, al fine di conservare integre le ragioni del proprio girante nei confronti degli obbligati di regresso (Cass. civ., Sez. I, 16 luglio 2008, n. 19587; Cass. civ., Sez. I, 25 giugno 2004, n. 11852).
Sebbene, a rigore, il protesto (la cui funzione è quella di rendere possibile l’azione di regresso contro il girante e gli altri obbligati) non sia necessario allorché il prenditore dell’assegno sia la medesima persona che lo pone all’incasso (dal momento che, in questo caso, il traente non è, a sua volta, titolare di alcuna azione di regresso nei confronti di alcuno, per cui l’azione del portatore nei riguardi del traente rimane salvaguardata anche in mancanza del protesto), non è da escludersi che la banca, per evitare che le possa essere contestato un difetto di diligenza, proceda comunque a fare levare il protesto.
A fronte di ciò, il possessore di un assegno originariamente emesso senza l’indicazione della data, successivamente completato e posto all’incasso, può esporsi al rischio di rivendicazioni da parte dell’emittente protestato, il quale potrebbe lamentare il danno derivantegli dall’iscrizione del suo nominativo nel registro dei protesti (con conseguente lesione della sua reputazione, anche commerciale) a fronte di un titolo nullo o, comunque, abusivamente completato (vuoi per effetto della originaria mancanza di un accordo che lo autorizzasse in tale senso, vuoi in conseguenza della nullità da cui sarebbe comunque affetto simile accordo) e di cui, dunque, non poteva essere legittimamente richiesto il pagamento, ritenendosi che anche chi ha posto in circolazione indebitamente il titolo, ossia lo abbia emesso senza indicazione della data, ne possa eccepire l’abusivo riempimento.
Considerato, quindi, che l’assegno privo di data, pur non potendo valere come titolo esecutivo, è assimilabile a una promessa di pagamento ai sensi dell’art. 1988 c.c. e, come tale, può fondare l’emissione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, onde procurarsi un valido titolo per esperire, in difetto di pagamento, l’azione esecutiva, l’avvio dell’azione monitoria appare la condotta più prudente per evitare le conseguenze pregiudizievoli che potrebbero derivare a chi, nondimeno, lo ponga all’incasso dopo averlo completato o fatto completare.
Si consiglia di contattare lo Studio per maggiori approfondimenti.
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