La falcidiabilità dell’I.V.A. in tema di concordato preventivo

Nell’ambito del concordato preventivo è chiesto al Dipartimento di Ristrutturazioni e Assistenza nelle Crisi d'Impresa la fattibilità di un piano concordatario che preveda la falcidia del credito IVA.

Il tema della falcidia dell’Imposta sul Valore Aggiunto nel concordato preventivo appare sin da subito controverso. Il credito IVA rappresenta un credito privilegiato ex art. 2752 c.c. di competenza dell’Unione Europea. Inoltre ha apprestato lo strumento giuridico della transazione fiscale volto a cristallizzare i rapporti tra il fisco e le imprese in difficoltà. Si tratta di un subprocedimento facoltativo, volto a far si che la proposta concordataria non subisca variazioni, anche ingenti, a seguito della modifica del carico fiscale (App. Genova 10/07/2013).

L’art. 182-ter L.F. comma I, nel disciplinare la transazione fiscale, dispone che con “riguardo all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento”. Il principio di non falcidiabilità dell’IVA, operante all’interno del “subprocedimento” della transazione fiscale, dev’essere, a sua volta, contemperato con il principio disposto dall’art. 160 L.F. comma II, norma generale attinente al concordato preventivo, per il quale “La proposta [di concordato] può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile […], sul ricavato in caso di liquidazione”. Si deve quindi analizzare se la norma di cui all’art. 182-ter L.F. abbia valore generale, ovvero se il divieto di falcidia dell’IVA si applichi esclusivamente alla transazione fiscale. Sul punto la giurisprudenza si è espressa con pronunce contrastanti.

La Corte di Cassazione si è espressa nel senso di non ammettere in ogni caso la falcidiabilità dell’IVA: “In tema di concordato preventivo, l'art. 182 ter, primo comma, legge fall. (come modificato dall'art. 32 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), che esclude la falcidia concordataria sul capitale dell'IVA, così sancendo l'intangibilità del relativo debito, ha natura sostanziale e carattere eccezionale, attribuendo al corrispondente credito un trattamento peculiare ed inderogabile, sicché la stessa si applica ad ogni forma di concordato, ancorché proposto senza ricorrere all'istituto della transazione fiscale, attenendo allo statuto concorsuale del credito IVA” (Cass. 14447/2014 ed in senso conforme anche 7667/2012).

Le Corti di merito, invece, appaiono orientate nel senso opposto “È ammissibile la proposta di concordato preventivo che preveda la falcidia del credito Iva, sia perché l'art. 182 ter l. fall. costituisce norma eccezionale, sia perché il pagamento al di fuori della transazione fiscale dei crediti privilegiati è regolato autonomamente dall'art. 160 l. fall, che non contempla fra le condizioni di ammissibilità del concordato anche quella del pagamento integrale del credito Iva” (Trib.  Perugia  16/07/2012 e in senso conforme App. Venezia 23/12/2013, Trib. Benevento 24/09/2014 e Trib. Como 29/01/2013, in senso contrario Trib. Padova 30/05/2013).

Il contrasto appare insanabile. Per i giudici di legittimità, l’art. 183-ter L.F. rappresenta l’espressione di un principio di ordine pubblico economico internazionale (tra le altre Cass. 44283/2013), pertanto inderogabile, volto a tutelare risorse proprie iscritte nel bilancio dell’Unione Europea. Al contrario per la giurisprudenza di merito, il principio di falcidiabilità di ogni credito privilegiato, ivi compreso il credito IVA assistito dal privilegio ex art. 2752 c.c. prevale sull’art. 182-ter L.F., in quanto quest’ultimo norma di carattere eccezionale e pertanto non estendibile analogicamente od interpretabile estensivamente, nonché subprocedimento attivabile in via dall’imprenditore in concordato. L’impresa in concordato potrà quindi falcidiare l’Iva purché (Trib. Benevento 24/09/2014):
  1. non si sia avvalsa della transazione fiscale ex art. 182-ter L.F.;
  2. il suo patrimonio risulti insufficiente per soddisfare tutti i crediti poziori nonché il credito IVA (c.d. incapienza);
  3. la proposta concordataria appaia più conveniente per i creditori rispetto al fallimento;
  4. la suddivisione in classi non comporti l’inversione dell’ordine dei privilegi ex art. 2777 e ss. c.c.
La questione sulla falcidiabilità dell’IVA nella piano concordatario è stata oggetto anche di una recente pronuncia della Corte Costituzionale, n. 225/2014. Investita dal Tribunale scaligero della questione di legittimità costituzionale degli art. 182-ter e 160 L.F. con riferimento al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione sancito dall’art. 97 Cost., la Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità assumendo come assorbente il principio di indisponibilità del credito IVA, spettante all’Unione Europea. In particolare l’art. 97 Cost. non rileverebbe in quanto “La previsione di una deroga al principio di indisponibilità della pretesa tributaria normativamente circoscritta alla sola dilazione di pagamento dell'IVA non è irragionevole e si giustifica - sul piano prognostico - proprio per il persistere, in capo all'amministrazione finanziaria, della possibilità di riscuotere il tributo in futuro, con la contestuale approvazione di un piano di concordato idoneo a consentire il graduale superamento dello stato di crisi dell'impresa” (C. Cost. 225/2014).

In attesa di riscontrare gli effetti della pronuncia della Corte Costituzionale sulle vicende giurisprudenziali, occorre trarre alcune conclusioni. L’insanabile contrasto giurisprudenziale creatosi tra giurisprudenza di merito e di legittimità comporta una sostanziale difficoltà nel prevedere l’esito di una domanda di ammissione al concordato preventivo in cui sia prevista la falcidia del credito IVA. Se da un lato è facilmente presumibile un arresto giurisprudenziale nel momento in cui la questione venga sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione, dall’altro pare quantomeno probabile l’accoglimento della domanda proposta dall’impresa in crisi da parte del giudice di merito.
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