Company Law - Credito d’imposta del 20 % sugli aumenti di capitale! Questo il mezzo con il quale si spinge a capitalizzare le PMI nel post emergenza

13/05/2020

Company Law - Credito d’imposta del 20 % sugli aumenti di capitale!  Questo il mezzo con il quale si spinge a capitalizzare le PMI nel post emergenza
A cura del Dipartimento Company Law e Operazioni Straordinarie

Si sta ragionando sull’incentivazione a investire nel capitale delle società che abbiano sofferto di una riduzione del fatturato per effetto del Covid-19.

L’idea forte è quella di riconoscere un credito d’imposta sugli apporti a capitale effettuati nel 2020, sulla falsariga del modello già utilizzato in passato per gli investimenti in start up.

Il credito d’imposta riconosciuto sarebbe pari al 20 per cento con un limite dell’investimento a 2 mln. Il testo del decreto non è ancora stato pubblicato, ma questo è quanto si può ricavare da una analisi dell’articolo 29 delle ultimissime bozze diffuse del decreto di Maggio (o Rilancio), articolo intitolato al “Rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni”.

In estrema sintesi, e con un testo ancora approssimativo, si prevede un credito d’imposta a favore dei sottoscrittori persone fisiche o società, pari al 20% (con un massimo d’investimento pari a 2mln) dell’aumento di capitale in denaro (deliberato e versato) a favore delle società PMI (aventi ricavi superiori a 5 mln di euro - se facenti parte di un gruppo si fa riferimento al dato del  consolidato - oppure tra 10 e 50 mln di euro se si fa riferimento a situazioni ove venga richiesto anche l’intervento di un Fondo pubblico per un ulteriore intervento in strumenti finanziari, di cui al comma 10  dell’art.29, ma in questo caso l’aumento di capitale minimo dovrebbe essere superiore ad almeno 250.000 euro e, contestualmente, la società dovrebbe avere meno di 250 dipendenti ) e che abbiano avuto una riduzione dei ricavi nel periodo marzo – aprile superiore al 33%.

Sono previste poi altre condizioni, tra cui, quella che non si tratti di una società in crisi (al 31.12.2019 e quindi pre-Covid), l’essere in una situazione di regolarità non solo contributiva e fiscale ma, anche, con le disposizioni vigenti in materia di normativa edilizia ed urbanistica, del lavoro, della prevenzione degli infortuni e della salvaguardia dell'ambiente; e altre, condivisibili, ancora.

Alla fine, dopo un batti e ribatti sul tema, il credito d’imposta rimane precluso per le società controllanti (direttamente o indirettamente o che sono sottoposte a comune controllo o sono collegate con la stessa ovvero sono da questa controllate); insomma, si vuole che soldi freschi e aggiuntivi arrivino dall’esterno ed  infatti nel testo definitivo sembra certo che detta preclusione non vi sia per gli aumenti di capitale sottoscritti e versati da soci persone fisiche, seppur esercitanti detto controllo.

E questo è comprensibile, e ne se ne ravvede l’utilità, in un momento nel quale si tratta di capitalizzare le aziende, al di là di chi sia ad effettuare detti versamenti, se già soci di controllo o terzi; perché spingere a cercare nuovi soci rispetto a quelli che esercitano il controllo, quando sarebbe importante intanto avere gli aumenti di capitale proprio dai soci di controllo, che meglio conoscono la situazione e possono più di altri avere interesse a sostenere l’impresa? La limitazione, rimasta alle sole società componenti un gruppo, si comprende con la finalità della norma che è quella di far arrivare soldi aggiuntivi rispetto a quelli già presenti all’interno dei gruppi.

Il credito d’imposta, eventualmente non utilizzato in denuncia dei redditi, sarebbe riportabile agli anni successivi senza limitazioni e potrebbe (successivamente alla dichiarazione) essere portato in compensazione con altri tributi; inoltre, il credito d’imposta non costituisce materia imponibile (né ai fini delle imposte sui redditi né ai fini IRAP) e non se ne tiene conto ai fini della determinazione della deducibilità degli interessi passivi.

È possibile ottenere il riconoscimento del suddetto credito d’imposta anche per i versamenti in stabili organizzazioni in Italia di soggetti UE o SEE e per quegli investimenti effettuati per il tramite di OICR -residenti o UE o SEE - attraverso i quali vi sia un investimento per oltre il 50% nelle realtà sopra esaminate.

Vi è un’altra agevolazione: infatti, viene previsto a favore delle società oggetto di detti aumenti di capitale, un credito d’imposta pari al 50 % sulle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto e fino a concorrenza del 30% dell’aumento di capitale effettuato dai soci, di cui sopra. Il percorso sulle percentuali è un po’ articolato tuttavia il dato significativo è che si stia cercando di stimolare l’intervento di capitalizzazione nelle società che hanno avuto problemi di fatturato per l’emergenza, sia con vantaggi per i conferenti che per le società medesime.

Come condizione di decadenza dei benefici suddetti è previsto il blocco della distribuzione dei dividendi e\o riserve fino al 1° gennaio 2024.
Inoltre, sempre entro la fine del 2020, è tratteggiato un meccanismo di co-capitalizzazione da parte di un Fondo pubblico denominato Fondo Patrimonio PMI e  gestito da Invitalia: in pratica, in presenza dell’aumento di capitale potrebbe esserci  (a richiesta della società) un versamento aggiuntivo in Strumenti Finanziari (vengono richiamate le obbligazioni o i titoli di debito, ma si pensa che anche gli Strumenti Finanziari di cui al 6° comma dell’art. 2346 c.c. possano rientrarvi) da parte del suddetto Fondo, strumenti finanziari che avrebbero scadenza di 6 anni e il cui valore di rimborso verrebbe determinato con riguardo alle variazioni del patrimonio netto della società; l’ammontare massimo di emissione di detti Strumenti Finanziari sarebbe pari al minore importo tra tre volte l’ammontare dell’aumento di capitale eseguito dalla società e il 12,5% dell’ammontare dei ricavi del 2019 e potranno essere emessi in deroga ai limiti di cui all’articolo 2412, primo comma, del c.c.

È da osservare che questi Strumenti Finanziari, dovendo essere restituiti entro i successivi 6 anni, verranno considerati debito sia ai fini contabili che per d’indebitamento; nonostante questo, la norma prevede una sorta di postergazione nel loro rimborso nel caso in cui la società emittente sia assoggettata a fallimento o altra procedura concorsuale, e sarà quindi da vedere l’impatto che questo potrà avere sulla valutazione della struttura finanziaria della società, nel momento in cui si dovesse ricorrere a dell’ulteriore debito bancario. Un ultima agevolazione coordinata, prevede l’esenzione del pagamento degli interessi su detti SFP qualora la società mantenga, fino al rimborso degli SFP, il numero di occupati che aveva al 1° gennaio 2020 ovvero effettui investimenti per finalità di digitalizzazione dell’attività, innovazione produttiva o sostenibilità ambientale e per le altre finalità di cui al comma 86 dell’art. 1 della legge n. 169 del 2019.

Anche qui le condizioni sono varie e non è il momento di analizzare le diverse fattispecie e problematiche emergenti; è interessante, però, prendere nota delle scelte del legislatore per forzare ed incentivare il patrimonio dei privati ad inserirsi nelle aziende italiane, concedendo crediti d’imposta, sia ai soci che alle società e, in più, prefigurando un ulteriore versamento (temporaneo) da parte di un fondo pubblico.

Le varie agevolazioni previste dall’art. 29 del DL Rilancio (credito d’imposta ai soci sugli aumenti di capitale, credito d’imposta alla società sulle perdite, mancata fruttuosità degli SFP) si possono cumulare tra di loro ma è previsto, per ciascuna operazione di aumento di capitale, un massimo di agevolazioni complessivamente pari a 800.000 euro,  ovvero 120.000 euro per le imprese operanti nel settore della pesca e dell’acquacoltura o 100.000 euro per le imprese operanti nel settore della produzione primaria di prodotti agricoli. Oltre a cumularsi tra di loro, dette agevolazioni si possono sommare anche con altre misure di aiuto, da qualunque soggetto erogate, di cui la società ha beneficiato, ai sensi del paragrafo 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, e in tal senso è richiesta una autocertificazione da parte del legale rappresentante della società attestante  che i limiti previsti dalle normative sugli aiuti di Stato non vengano superati.

Se è vero che il patrimonio finanziario netto dei privati, in Italia, è di circa 4.000 mld di euro, a fronte di un debito pubblico che sta esplodendo verso i 2.500 mld di euro, ci sembra che il coinvolgimento del patrimonio privato per sostenere le imprese PMI - e quindi aiutare poi la tenuta del PIL- sia da apprezzare.

L’importante è quindi che siano previste le debite coperture e che i percorsi di attuazione siano semplici e chiari.

Si ricorda, infine, che corrispondentemente alle previsioni sopra commentate, è stato fino all’ultimo in discussione (art. 46) anche un possibile innalzamento del credito d’imposta per gli investimenti a capitale in Startup (inizialmente sembrava fino al 50% del versamento, ma poi sembra che si sia tolto tutto per problemi di copertura).

In assenza di questo innalzamento sembra di poter dire che il nuovo credito d’imposta, con tutte le altre agevolazioni cumulabili previste dall’art.29 del DL Rilancio, crei una evidente competizione a sfavore dei crediti d’imposta per gli investimenti nelle Startup che già godevano di tale meccanismo: infatti, la scelta sarà tra investire in società con fatturati già consolidati oltre i 5 mln, ottenendo un credito d’imposta del 20%, oppure investire su società startup (che hanno una ben maggiore grado di rischiosità) seppure con un credito d’imposta superiore (attualmente circa il 30%); d’altra parte è anche palese che l’ottica finanziaria di un investimento in una start up, ove si punta a ritorni con multipli di quanto investito, rispetto ad investimenti in società che siano già consolidate e delle quali si cerca di trarre i benefici da una pronta uscita dall’emergenza creatasi in questi mesi, è completamente diversa, e non sarà certo la misura del credito d’imposta a sparigliare le carte della decisione.

Avremo modo di tornare sull’argomento, ci sono delle problematiche già fin d’ora evidenziate ma, come detto, se ben applicata l’idea del credito d’imposta potrebbe funzionare!

 

Leggi la bozza dell'art. 29 del Decreto

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