Exit tax e trasferimento della sede all’estero

E’ stato chiesto al Dipartimento Internazionalizzazione d’Impresa un quadro riassuntivo sulla disciplina dell’exit tax in occasione del trasferimento della sede all’estero.

L’art. 166 del TUIR prevede al primo comma che “il trasferimento all’estero della residenza dei soggetti che esercitano imprese commerciali, che comporti la perdita della residenza ai fini delle imposte sui redditi, costituisce realizzo, al valore normale, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, salvo che gli stessi non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. La stessa disposizione si applica se successivamente i componenti confluiti nella stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato ne vengano distolti”. Il medesimo articolo, al comma 2-quater, stabilisce tuttavia che i soggetti che trasferiscono la residenza, ai fini delle imposte sui redditi, in Stati dell’Unione Europea ovvero in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi dell’art. 168-bis, possono chiedere la sospensione degli effetti del realizzo di cui al primo comma dell’art. 166 TUIR. A dare completa attuazione al regime sospensivo, poc’anzi richiamato, sono intervenuti il D.M. 2.8.2013, il D.M. 2.8.2014 ed infine il Provv. Agenzia delle Entrate 10.7.2014.

Analizzando brevemente i diversi profili di interesse della norma e dei provvedimenti attuativi, occorre rilevare innanzitutto come venga stabilito che la sospensione si applichi ai soggetti esercenti attività commerciale, dovendosi intendere per questi ultimi non solo coloro che svolgono un’attività commerciale effettiva ai sensi dell’art. 55 del TUIR, ma anche qualsiasi soggetto la cui commercialità sia presunta a causa della forma giuridica adottata, come accade per società di capitali ed enti commerciali di cui all’art. 73, lett. a) e b), del TUIR, pertanto anche le Holding di partecipazioni (cfr. M.Piazza, M.Valsecchi, Exit tax: questioni ancora aperte dopo l’emanazione delle norme attuative, Il Fisco 40/2014; C. Galassi-L. Miele, Disciplinate le modalità di differimento della riscossione della "exit tax", in “Corr. Trib.” n. 33/2013, pag. 2598; Assonime, Circolare n. 5/2014, pp. 21 e ss.).

Con riferimento agli Stati di destinazione l’art. 166 comma 2-quater del TUIR limita l’applicazione del regime a trasferimenti in Stati (UE ed SEE) non solo ricompresi nella white list degli stati che consentono un adeguato scambio di informazioni, ma anche “con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo sulla reciproca assistenza in materia di riscossione dei crediti tributari comparabile a quella assicurata dalla direttiva 2010/24/UE del Consiglio del 16 marzo 2010”.

Con riferimento alla plusvalenza per cui è ammessa l’opzione per la sospensione della riscossione si rileva che, secondo quanto previsto dai decreti attuativi, si deve fare riferimento alla plusvalenza unitariamente determinata, sulla base del valore normale, dei componenti dell’azienda o del complesso aziendale, che non siano confluiti in una stabile organizzazione situata nel territorio dello Stato. Si considerano anche, tra i predetti componenti, il valore dell’avviamento e quello delle funzioni e dei rischi propri dell’impresa. La determinazione delle plusvalenze imponibili deve avvenire alla fine dell’ultimo periodo di residenza in Italia (o di presenza della stabile organizzazione). I decreti attuativi hanno tuttavia stabilito che i seguenti importi sono esclusi dal beneficio della sospensione d’imposta: i) i maggiori e minori valori dei beni “merce” (art. 85 del TUIR); ii) le riserve in sospensione d’imposta non ricostituite nel patrimonio della (eventuale) stabile organizzazione italiana; iii) gli altri componenti positivi e negativi che concorrono alla formazione del reddito dell’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia (compresi quelli relativi ad esercizi precedenti – non riferibili a cespiti trasferiti – la cui deduzione o tassazione è stata rinviata in conformità alle disposizioni del TUIR).

In merito allo scomputo delle perdite fiscali, i decreti attuativi hanno previsto che le perdite di esercizi precedenti non ancora utilizzate compensano prioritariamente il reddito dell'ultimo periodo d'imposta di residenza in Italia (comprensivo delle componenti non ammesse alla sospensione); l'eccedenza, unitamente all'eventuale perdita di periodo, compensa la plusvalenza ammessa alla sospensione d'imposta. Per le eventuali perdite ancora residue, resta ferma l'applicazione dell'art. 166 co. 2-bis del TUIR, pertanto le perdite che si sono generate fino al periodo d'imposta anteriore a quello da cui ha effetto il trasferimento all'estero della residenza fiscale e che non sono state compensate con i redditi prodotti fino a tale periodo, possono essere portate in diminuzione dal reddito della stabile organizzazione in Italia ai sensi dell'art. 84 del TUIR ed alle condizioni e nei limiti indicati nell'art. 181, quindi proporzionalmente alla differenza tra gli elementi dell'attivo e del passivo effettivamente connessi alla S.O. sita in Italia e nei limiti di tale differenza, nonché alle condizioni e nei limiti previsti dall'art. 172 co. 7 del TUIR (relativo alla riportabilità delle perdite nelle fusioni).

Per quanto concerne il momento di riscossione dell’imposta, il DM 2.7.2014 prevede una serie di eventi che fanno cessare la sospensione dell’imposta relativamente al singolo bene cui essi si riferiscono; in particolare: i) per i beni e i diritti ammortizzabili (inclusi quelli immateriali e l'avviamento), l'imposta è versata in ciascuno degli esercizi di maturazione delle residue quote di ammortamento che sarebbero state deducibili ai fini della determinazione del reddito d'impresa, indipendentemente dall'imputazione al Conto economico; ii) per le partecipazioni e gli strumenti finanziari similari alle azioni, l'imposta è versata nell'esercizio di distribuzione delle riserve di utili o di capitale mentre per gli altri strumenti finanziari (anche derivati), il maggior valore è suddiviso in quote costanti in base al periodo di durata dei singoli strumenti; iii) per gli altri beni, nell'esercizio in cui gli elementi patrimoniali si considerano realizzati ai sensi delle disposizioni del TUIR (cessione a titolo oneroso, risarcimento per la perdita o il danneggiamento ed assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa); iv) in ogni caso, decorsi dieci anni dall’ultimo periodo d’imposta di residenza in Italia.

I decreti attuativi, in alternativa alla sospensione, hanno previsto la possibilità di rateizzare l’imposta dovuta secondo sei rate annuali (così il DM 2.7.2014, in luogo delle precedenti dieci rate previste dal DM 2.8.2013). Si rileva infine che l’art. 5 del provv. Agenzia delle Entrate 10.7.2014 ha previsto che debba essere prestata una garanzia, a fronte della sospensione o rateizzazione dell’imposta dovuta, qualora vi sia un “grave e concreto pericolo per la riscossione”. La valutazione in merito alla debenza o meno della garanzia spetta all’ufficio, che considererà elementi quali la natura e l’entità di eventuali carichi pendenti nonché la solvibilità, attuale e prospettica, dell’impresa, anche utilizzando il rating assegnato dalle apposite agenzie. E’ stata fornita un’ipotesi in cui la garanzia non risulta dovuta, ossia nel caso in cui l’impresa nei tre esercizi anteriori al trasferimento della sede non abbia conseguito perdite ed abbia avuto un patrimonio netto, risultante dall’ultimo bilancio, almeno pari al 120% dell’imposta sospesa o rateizzata. Al riguardo è stato evidenziato (cfr. G. Albano, “Exit tax differita anche senza garanzie” in Il Sole 24 Ore, 11 Luglio 2014) come il riferimento all’ultimo bilancio dovrebbe comportare il riferimento ai valori contabili, a prescindere dai valori patrimoniali correnti.

Dalla disamina effettuata risulta evidente come i provvedimenti attuativi dell’art. 166 TUIR abbiano disciplinato una serie molto complessa di questioni, regolamentando aspetti anche ulteriori rispetto a quanto previsto nel TUIR; peraltro, come anche già rilevato in dottrina, restano ancora aperte alcune problematiche interpretative della disciplina, per le quali non si esclude che possano esservi nuovi orientamenti ed anche pronunce giurisprudenziali, anche alla luce della giurisprudenza comunitaria sulla libertà di stabilimento.
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