Le SS.UU. sciolgono il contrasto giurisprudenziale sulla revoca del realizzo del pegno e sul grado di privilegio della conseguente amissione al passivo del creditore

21/02/2022

Le SS.UU. sciolgono il contrasto giurisprudenziale sulla revoca del realizzo del pegno e sul grado di privilegio della conseguente amissione al passivo del creditore
A cura di Alessandro Dalla Sega

Risale a sedici anni fa la nota pronuncia delle Sezioni Unite della Suprema Corte sul danno nella revocatoria fallimentare (Cass. S.U. n. 7028/2006), la quale ha accolto la teoria c.d. "anti-indennitaria" (o "redistributiva") che identifica il pregiudizio nell'alterazione della par condicio creditorum ricollegabile, per presunzione legale ed assoluta, all'uscita del bene dalla massa conseguente al compimento dell'atto dispositivo. Un arresto, quello del 2006, al quale ha fatto seguito una pronuncia  per cui il terzo revocato ha diritto all'insinuazione al passivo per il proprio eventuale credito, ai sensi dell'art. 70, co. 2 LF solo in via chirografaria (Cass. n. 19978/2008).

Con l'ordinanza n. 5049 del 16.02.2022 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sciogliendo un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che la revoca ex art. 67 LF del pagamento eseguito in favore del creditore pignoratizio, con il ricavato della vendita del bene oggetto del pegno, determina il diritto del creditore che ha subito la revocatoria ad insinuarsi al passivo del fallimento con il medesimo privilegio di cui godeva prima del pagamento ricevuto, nel rispetto delle regole distributive di cui agli artt. 111 bis / ter / quater LF.

Nel caso di specie la Corte d’appello di Messina ha accolto un’azione revocatoria avente ad oggetto un pagamento effettuato nel periodo sospetto di cui all’art. 67, co. 2 LF mediante l’utilizzo di mezzi reperiti con la cessione di un certificato di deposito in precedenza costituito in pegno da parte del fallito.
Il ricorrente, impugnando la sentenza della Corte d’Appello, deduceva l'impossibilità di procedere alla revoca, dato che il pagamento era stato effettuato attraverso risorse ottenute con la cessione di un bene comunque destinato al soddisfacimento dei diritti del creditore. La Sesta Sezione della Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sul punto, rilevava la presenza di un contrasto giurisprudenziale circa la revocabilità di un pagamento che presenti le caratteristiche di quello che aveva dato origine al procedimento e rinviava alle Sezioni Unite i seguenti quesiti: "della revocabilità dell'incasso rinveniente dalla realizzazione del bene costituito in pegno consolidato"; "se, una volta restituita dal creditore pignoratizio la somma revocata, l'ammissione del credito al passivo ai sensi della L. Fall., art. 70, comma 2, in via chirografaria, possa o meno ritenersi confliggente con la stessa concezione redistributiva e anti-indennitaria della revocatoria fallimentare, che implica unicamente il ripristino della par condicio creditorum" (Cass. n. 8923/2021).
Nella sentenza in commento, i giudici delle Sezioni Unite hanno anzitutto ricordato come in una prima fase le decisioni della Corte avessero sempre escluso la revocabilità di tali pagamenti in ragione della funzione riconosciuta nell'ordinamento al pegno di tutelare la posizione del creditore, dalla quale non può che discendere l'acquisizione definitiva dello stesso al patrimonio di chi lo abbia comunque ricevuto.
Discostandosi da questo orientamento i giudici delle Sezioni Unite ritengono il pagamento in ogni caso revocabile, altrimenti vi sarebbe una palese lesione del cd. principio della par condicio creditorum, il quale permea l'intera procedura fallimentare e assegna un trattamento di identica natura a tutti i creditori. Il credito ex art.70 L.F. andrà però, come sopra detto, insinuato con il grado di privilegio originario, dedotte le spese prededucibili di competenza.
 

Pubblicazioni/Eventi Directory:  Pubblicazioni Alessandro Dalla SegaRistrutturazioni e Assistenza nella Crisi d’Impresa

Condividi su: linkedin share facebook share twitter share
Sigla.com - Internet Partner