La Cassazione afferma che la presenza di un piano attestato non produce automaticamente l’esenzione da revocatoria ex art. 67, co. 3, lettera d) L.F.

03/06/2022

La Cassazione afferma che la presenza di un piano attestato non produce automaticamente l’esenzione da revocatoria ex art. 67, co. 3, lettera d) L.F.
A cura di Alessandro Dalla Sega
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 9743 del 25 marzo 2022 conferma che gli atti esecutivi di un piano attestato di risanamento, ex art. 67, co. 3, lettera d) L.F., sono esenti da azioni revocatorie fallimentari solo nel momento in cui il giudice abbia preventivamente effettuato una valutazione circa l’idoneità del piano stesso a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e che la predetta valutazione presuppone la veridicità dei dati e la complessiva attendibilità della situazione aziendale, quali elementi sui quali una consimile valutazione non può che fondarsi.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha accolto il ricorso proposto da una procedura fallimentare contro il decreto del Tribunale di Roma, il quale, in accoglimento dell’opposizione ex art. 98 LF, ha ammesso al passivo fallimentare in privilegio pignoratizio una banca, in quanto il debito verso l’istituto bancario era sorto in attuazione del piano di risanamento dell’esposizione debitoria, la cui ragionevolezza era assicurata, secondo il tribunale, dall’attestazione rilasciata da un professionista indipendente. Nello specifico il Tribunale aveva valutato che la presenza del piano attestato producesse, in generale e automaticamente, l'esenzione da revocatoria, non essendo nel potere del giudice, e tanto meno del terzo finanziatore, disconoscere gli effetti protettivi in virtù di una valutazione diversa da quella fatta dall'attestatore (e questo perché la ratio della disciplina è quella di incoraggiare la concessione dei finanziamenti onde consentire ai terzi di intraprendere operazioni di salvataggio delle imprese in crisi).

La curatela fallimentare ha proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi: (i) la violazione e falsa applicazione della L. Fall., art. 67, comma 3, lett. d) L.Fall., (ii) l'omesso esame del fatto decisivo rappresentato dal potere-dovere di controllo del giudice sul piano attestato. La Corte di Cassazione ha quindi accolto il ricorso sostenendo che per ritenere esenti dalla revocatoria fallimentare gli atti esecutivi di un piano attestato di risanamento, ai sensi dell'art. 67, terzo comma, lettera d), L.F., anche nel testo previgente al D.L. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni nella L. n. 134 del 2012, il giudice deve effettuare, con giudizio ex ante, una valutazione, parametrata sulla condizione professionale del terzo contraente, circa l'idoneità del piano, del quale gli atti impugnati costituiscono strumento attuativo, a consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa; e ciò seppure in negativo, vale a dire nei limiti dell'evidenza della inettitudine del piano presentato dal debitore al detto fine. Ciò in quanto per ritenere esenti dalla revocatoria fallimentare i relativi atti esecutivi, il piano attestato deve appunto apparire idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa. La Corte ha quindi ritenuto che costituisca elemento basico della previsione di detto articolo il fatto che, fermo restando il controllo della completezza e correttezza dei dati informativi forniti dal debitore ai creditori, si concentri sul giudice anche e proprio la potestà valutativa del piano, sia pure nei termini e nei limiti appena sopra riferiti.

 

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