L’opportunità di uno “statuto su misura”: le clausole statutarie che introducono il “voto determinante” e deliberazioni unanimi nel consiglio di amministrazione (artt. 2388 e 2475 c.c.)

23/04/2021

L’opportunità di uno “statuto su misura”: le clausole statutarie che introducono il “voto determinante” e deliberazioni unanimi nel consiglio di amministrazione (artt. 2388 e 2475 c.c.)
di Amedeo Cesaro

Con la massima n. 195 del 17 novembre 2020, il Consiglio Notarile di Milano ha affermato legittima la clausola statutaria che stabilisce che le deliberazioni del consiglio di amministrazione di s.p.a. o di s.r.l. sono validamente assunte solo se, oltre al quorum stabilito dalla legge (o eventualmente dallo statuto), ricorre anche il voto favorevole, o non ricorre il voto contrario, di uno o più determinati amministratori, individuati in virtù della carica che ricoprono o della “provenienza” della loro nomina o di altri idonei criteri di determinazione.
Altresì, è ritenuta legittima la clausola statutaria che subordina la valida assunzione delle deliberazioni del consiglio di amministrazione di s.p.a. o di s.r.l. al voto favorevole di tutti gli amministratori in carica.


La massima n. 195 del Consiglio Notarile di Milano
Il Consiglio Notarile di Milano, nella massima n. 195 del 17 novembre 2020, ha precisato che è «legittima la clausola statutaria che stabilisca che le deliberazioni del consiglio di amministrazione di s.p.a. o di s.r.l. siano validamente assunte solo se, oltre al quorum stabilito dalla legge o dallo statuto, ricorra anche il voto favorevole, o non ricorra il voto contrario, di uno o più determinati amministratori, individuati in virtù della carica che ricoprono o della “provenienza” della loro nomina o di altri idonei criteri di determinazione» specificando ulteriormente che «è legittima la clausola statutaria che subordina la valida assunzione delle deliberazioni del consiglio di amministrazione di s.p.a. o di s.r.l. al voto favorevole di tutti gli amministratori in carica».

In materia di s.p.a., l’art. 2388, comma 2, c.c. afferma che «le deliberazioni del consiglio di amministrazione sono prese a maggioranza assoluta dei presenti, salvo diversa disposizione dello statuto». Come appare evidente, la disposizione civilistica non pone limiti all’autonomia statutaria: sono dunque ammesse sia disposizioni statutarie volte a ridurre (o ad indebolire), sia ad aumentare (o a rafforzare) il quorum deliberativo.

È quindi possibile prevedere clausole di riduzione o di aumento del quorum.

Nello specifico, al fine di perseguire la riduzione del quorum si può statutariamente prevedere:
a)    l’ininfluenza delle astensioni, con sostituzione della regola di maggioranza assoluta1, con la regola della maggioranza semplice2;
b)    che in caso di un numero di voti favorevoli pari al numero di voti contrari prevale il voto del presidente del c.d.a. (o di un altro componente del c.d.a. determinabile ex ante. In questo caso (c.d. casting vote) non è difatti possibile dire “letteralmente” che la delibera è presa “a maggioranza assoluta dei presenti”.

Viceversa, al fine di perseguire l’aumento del quorum si può statutariamente prevedere:
a)    una clausola che richieda un numero di voti favorevoli più alto rispetto a quello sufficiente ad integrare la maggioranza assoluta dei presenti.
Per ottenere ciò si può:
-    parametrare la maggioranza voluta a tutti i componenti del c.d.a. anche assenti;
-    aumentare la soglia rispetto ai soli presenti3;
-    mix di entrambe le tecniche di cui sopra4.
b)    l’attribuzione di un voto determinante ad un amministrare (c.d. voto determinante).
Nello specifico può essere previsto:
-    il c.d. voto favorevole determinante. In questo caso, è pur vero che la maggioranza può rimanere quella calcolata sui presenti, tuttavia non sarebbe più sufficiente una prevalenza dei voti favorevoli – indistintamente dai soggetti dai quali provengono – sui voti contrari e astenuti poiché si renderebbe necessario che, fra i voti favorevoli, venga identificato anche quello dell’amministratore a cui è attribuito il voto determinante;
-    il c.d. voto contrario determinante. Ossia è sufficiente che tra i voti contrari non sia registrato quello di uno specifico amministratore. In questo caso vi è da prestare particolare attenzione poiché può essere adottata la delibera che riporta la maggioranza richiesta anche in assenza (o con l’astensione) dell’amministratore avente voto determinante.
È tuttavia da precisare che la tecnica del voto determinante non determina un innalzamento del quorum costitutivo 5.

L’opportunità delle clausole di voto determinante e le modalità di attuazione
Per comprendere appieno la portata della massima, è necessario considerare le opportunità connesse all’introduzione di una clausola statutaria che preveda il c.d. voto determinante.
Senza pretesa di esaustività, si riportano alcuni esempi per i quali può essere ritenuto particolarmente interessante inserire clausole statutarie con tale previsione. Ad esempio, il voto determinante può essere un valido strumento per approvare delibere particolarmente importanti per alcuni soci (o per alcune fazioni della compagine sociale), anche se, non vi è dubbio, possa essere esteso a tutte le decisioni del c.d.a.. Ulteriormente il voto determinante può sì essere incondizionato, ma può essere subordinato (e quindi utilizzato come strumento) per dirimere stalli decisionali, per deliberare in merito ad operazioni straordinarie, per pianificare passaggi generazionali o per approvare particolari investimenti.

Statutariamente, il voto determinante può essere attribuito a qualsiasi amministratore; tuttavia è necessario che lo statuto sociale preveda un «criterio di sicura imputabilità che ne consenta l’individuazione».
Pertanto, il voto determinante può essere attribuito:
-    associandolo ad una carica6;
-    in funzione della provenienza7;
-    ricorrendo ad ulteriori altri e diversi criteri idonei per identificare l’amministratore avente il voto determinante8.

Fra l’altro, nulla vieta di attribuire il voto determinante a più amministratori (sino a prevedere addirittura che il voto determinante sia attribuito alla totalità dei componenti del c.d.a.9). Il voto determinante a più amministratori può essere un valido strumento nel caso in cui nella compagine sociale siano presenti singoli soci, o gruppi di soci, i cui accordi/patti parasociali conducano ad equilibri che si riflettono nella composizione del c.d.a.. Ad esempio, nei c.d.a. aventi un numero limitato di componenti (3 o 4), potrebbe essere concesso a ciascun membro – in base alla “provenienza” – un voto determinante, a tutela degli equilibri, sino a richiedere la deliberazione unanime10.

Va da sé ovviamente che, più alto è il numero dei componenti del c.d.a. e, più alto è il numero degli amministratori con voto favorevole determinante, tanto più si rischia di impedire l’adozione di delibere utili alle società, anche a causa di assenze di amministratori non-intenzionali. In generale, pertanto, potrebbe essere consigliabile optare per il voto contrario determinante. Tuttavia, come appare intuibile, sono valutazioni che necessitano di essere approfondite e tagliate su misura con estrema cura ed attenzione, a seconda della specifica realtà in sede di redazione dello statuto sociale.

Ciò che nel presente focus è stato osservato in materia di s.p.a. è valevole anche in materia di s.r.l.. Anzi, proprio in considerazione del fatto che civilisticamente l’organo amministrativo nelle s.r.l. può assumere la forma della pluralità di amministratori con poteri congiunti (e quindi pertanto tutti necessariamente consenzienti), le considerazioni precedentemente descritte sono a maggior ragione valevoli per le società a responsabilità limitata.



1Maggioranza che si ottiene quando i voti favorevoli sono superiori all’insieme dei voti contrari e delle astensioni.
2Maggioranza che si ottiene quando i voti favorevoli sono superiori ai voti contrari, ma non anche alla somma dei voti contrari e delle astensioni (le quali non rilevano).
3Ad esempio, si potrebbe prevedere una soglia dei 2/3 degli intervenuti.
4Ad esempio, in un c.d.a. con un numero elevato di amministratori, si potrebbe definire una clausola che preveda il riscontro di una maggioranza dei 2/3 dei presenti che raggiunga anche nel contempo la maggioranza dei componenti in carica.
5Ciò risulta ben evidente nel caso di voto contrario determinante: difatti, in assenza dell’amministratore determinante il c.d.a. può discutere di quanto posto all’ordine del giorno e anche adottare la deliberazione con la maggioranza richiesta. Nel caso di voto favorevole determinante, tecnicamente, il c.d.a. può riunirsi e trattare l’ordine del giorno in presenza di quorum costitutivo richiesto dalla legge-statuto anche se, però, non può adottare la delibera in assenza dell’amministratore determinante.
6Ad esempio, al presidente del c.d.a. o ad un amministratore delegato.
7Ad esempio, all’amministratore designato dai titolari di una particolare categoria di azioni oppure all’amministratore designato da soci aventi particolari diritti nelle s.r.l. o, ancora, al primo nome della lista di minoranza di nomina degli amministratori.
8Ad esempio, per autorevolezza, per esperienza professionale, per età o anche per numero di consensi riscossi o per altre motivazioni.
9In caso di voto favorevole determinante generalizzato, la delibera dovrebbe quindi essere adottata ad unanimità dai componenti del c.d.a.; viceversa in caso di voto contrario determinante generalizzato la delibera potrebbe essere adottata solo se nessuno votasse contro (a prescindere dalla presenza o dall’astensione di alcuni amministratori).
10La dottrina da tempo si interroga e discute in merito alla possibilità di deliberazioni unanimi generalizzate nelle s.p.a. e, come noto, la giurisprudenza ha adottato in passato una posizione critica. Tuttavia, vi sono valide argomentazioni che ne ammettono l’ammissibilità.

 

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