Sequestrabilità del credito derivante da futura liquidazione della quota di una SNC

18/07/2022

Sequestrabilità del credito derivante da futura liquidazione della quota di una SNC
I FATTI
Il presente Focus trae origine da un ricorso per sequestro conservativo ex artt. 671 e 669 bis e ss. c.p.c. depositato da una procedura fallimentare nei confronti di un amministratore di SRL per cui, a fronte di vari profili di responsabilità, è stata chiesta inaudita altera parte la disposizione, ai sensi degli artt. 671 c.p.c. e 2905 c.c., di sequestro conservativo dei beni mobili (comprese quote di partecipazione in società italiane e/o estere).
All’esito del Giudizio, il Giudice ha disposto “il sequestro conservativo dei beni mobili, immobili e crediti del resistente in favore del Fallimento fino all’importo di € x”.
Era noto alla attrice che l’amministratore fosse socio di società in nome collettivo. L’atto costitutivo di tale società prevedeva come termine di durata il 31.12.2020 e il rinnovo tacito quinquennale. Ovviamente, l’attore non poteva evidentemente avere contezza dell’eventuale recesso esercitato dal socio amministratore, pertanto, trovandosi a dover dare esecuzione al provvedimento di cui sopra, notificava atto di sequestro presso terzi alla società in nome collettivo.
In conseguenza di ciò, l’attore riceveva la dichiarazione ex artt. 678 e 547 cpc dallo stesso terzo, il quale dichiarava che il sequestratario era proprietario di una quota pari al 50% della SNC e che lo stesso non vantava alcun credito nei suoi confronti.
A questo punto l’attore si è interrogato sul fatto se, in pendenza del giudizio di merito di responsabilità (instaurato in seguito al cautelare), il giudice potesse comunque autorizzare il sequestro del credito che maturerà nel caso di futura liquidazione della quota.

FOCUS
Al fine di meglio comprendere la problematica in oggetto, occorre preliminarmente esaminare due importanti articoli del nostro codice civile: l’art. 2740 comma 1 c.c. secondo cui “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri” e l’articolo 2252 c.c., secondo il quale nelle società di persone: “il contratto sociale può essere modificato soltanto con il consenso di tutti i soci, se non è convenuto diversamente”.
Il primo dettato normativo stabilisce che il patrimonio del debitore (presente e futuro) viene posto a garanzia nel caso di inadempimento delle obbligazioni che questi ha contratto (e quindi anche per il soddisfacimento delle ragioni dei creditori).
Il secondo consente ai soci di società di persone di porre sostanziali limitazioni alla circolazione delle quote. Si tratta, tuttavia, di limiti derogabili in quanto l’ultimo periodo della norma di riferimento prevede la possibilità per i soci di “convenire diversamente”, con importanti conseguenze in merito alla pignorabilità delle quote sociali.
La disciplina codicistica, ove non derogata, prevede che le modifiche dell’atto costitutivo di società di persone (s.s., s.n.c, s.a.s.) debbano essere adottate con il consenso di tutti i soci. La variazione nel numero e nell’identità dei soci rappresentano una modifica all’atto costitutivo e pertanto non possono essere introdotti nuovi soci, e non possono essere sostituiti quelli esistenti se non con il consenso unanime.
Altra importante norma del codice civile è l’articolo 2270 c.c., il quale afferma che “Il creditore particolare del socio, finché dura la società, può far valere i suoi diritti sugli utili spettanti al debitore e compiere atti conservativi sulla quota spettante a quest’ultimo nella liquidazione. Se gli altri beni del debitore sono insufficienti a soddisfare i suoi crediti, il creditore particolare del socio può inoltre chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del suo debitore. La quota deve essere liquidata entro tre mesi dalla domanda, salvo che sia deliberato lo scioglimento della società”.
Le disposizioni contenute nel secondo periodo dell’articolo 2270 c.c. (quindi la possibilità di richiedere in ogni tempo la liquidazione della quota del debitore) sono applicabili solo alle quote possedute dal debitore in società semplici in quanto, per le società in nome collettivo ed in accomandita semplice, vale il disposto dell’articolo 2305 del c.c. per le s.n.c. (richiamato dall’art. 2315 c.c. per le s.a.s.), secondo il quale “Il creditore particolare del socio, finché dura la società, non può chiedere la liquidazione della quota del socio debitore”.

Occorre precisare che l’atto conservativo si riferisce alla “quota di liquidazione” ovvero alla quota che spetterà al socio al momento della liquidazione e non va ad incidere sui poteri del socio (che restano immutati). Il valore di liquidazione della quota, durante la vita della società, è un bene di ammontare assolutamente incerto, in quanto verrà determinato con esattezza solo al termine della procedura di liquidazione della società. Inoltre, in presenza di perdite di gestione, tale valore potrebbe risultare anche negativo e comportare la necessità per il socio illimitatamente responsabile di apportare le risorse necessarie per chiudere la fase di liquidazione.
Il sequestro conservativo (ovvero l’atto conservativo richiamato dall’art. 2270 c.c.) sulla quota, stante il disposto dell’articolo 678 c.p.c., viene effettuato secondo le norme stabilite per il pignoramento presso terzi. La richiesta di liquidazione della quota del socio debitore a favore del suo creditore particolare può scattare anche nelle ipotesi in cui i soci decidano una proroga nella durata della società (sia essa espressa o tacita). Come stabilito dall’articolo 2307 c.c.: “Il creditore particolare del socio può fare opposizione alla proroga della società entro tre mesi dalla iscrizione della deliberazione di proroga nel registro delle imprese (circostanza questa non rinvenuta nel caso di specie). Se l’opposizione è accolta, la società deve, entro tre mesi dalla notificazione della sentenza, liquidare la quota del socio debitore dell’opponente. In caso di proroga tacita ciascun socio può sempre recedere dalla società, dando preavviso a norma dell’art. 2285, e il creditore particolare del socio può chiedere la liquidazione della quota del suo debitore a norma dell’art. 2270”. Quindi solo nel caso di proroga tacita (e sembrerebbe proprio quanto accaduto nel caso di specie, data la dichiarazione resa dal terzo stesso), il creditore particolare del socio potrà chiedere in ogni tempo la liquidazione della quota.

Come sopra detto, in forza del rinvio alle forme del pignoramento, il sequestro di quote di società di persone deve avvenire nelle forme del pignoramento presso terzi (De Matteis (18), 617; Trib. Piacenza 18.1.95, Gius 1995, 802; Trib. Rimini 24.9.1997, Nazzicone, I soci delle società di persone, in Rescigno, Alessi (a cura di), Diritto delle società, Milano, 1998, 188; Ferrara, Corsi, 299; Campobasso, 92; Ferri, Delle società, 235, il quale precisa che la società potrà rendere la dichiarazione ex art. 547 c.p.c. soltanto se una quota di liquidazione del socio sussista). Al fine di dare una soluzione al caso sopra esposto, ci si deve ora interrogare se effettivamente siano sequestrabili anche i crediti futuri che spetteranno al socio di società di persone per effetto della liquidazione della quota. Da tempo, infatti, la giurisprudenza ritiene che “l’espropriazione presso terzi può configurarsi anche con riguardo a crediti illiquidi o condizionati ma suscettibili di una capacità satisfattiva futura (per via di assegnazione o di vendita e successiva aggiudicazione) concretamente prospettabile nel momento dell’assegnazione” (Cass. 15 marzo 2004, n. 5235 e, tra le altre, già Cass. 4 dicembre 1987, n. 9027) purché, ovviamente, si tratti di crediti non derivanti da un rapporto meramente eventuale (Cass., sez. lav., 10 settembre 2009, n. 19501). La Corte di cassazione ha avuto modo di chiarire che il credito eventuale e futuro deve essere “... legato ad un già esistente rapporto giuridico di base, che ne costituisca l’origine e che già attualmente ne permetta l’identificazione degli estremi soggettivi ed oggettivi” (Cass., 26.10.2002, n. 15141). Sono invece impignorabili soltanto i crediti eventuali e sperati, e perciò privi, siccome aleatori, di attitudine satisfattiva. Pertanto, ben può essere assegnato un credito “ora per allora”, quando un rapporto già esista e sia tale da creare la concreta aspettativa che la somma, dovuta per le relative prestazioni, diverrà esigibile, una volta verificatesi le condizioni previste dal rapporto giuridico sostanziale da cui nasce il credito del debitore esecutato verso il terzo pignorato.
Con particolare riguardo al caso di specie, la giurisprudenza è unanime nel ritenere legittimo ed efficace il pignoramento (o sequestro) cui il creditore particolare del socio di società di persone sottoponga la quota di liquidazione che spetterà allo stesso al momento dello scioglimento del rapporto, con differimento dell'effetto satisfattivo al momento della liquidazione della società, quando, su istanza del creditore procedente (che verrà appunto avanzata nel momento il credito del procedente sarà liquido ed esigibile), sarà rinnovata la dichiarazione del terzo al fine di verificare qual è l'effettivo valore della quota (Trib. Treviso, 21 luglio 2017; Trib. Monza, 8 maggio 2000). Si precisa che, nel caso di specie, trattasi proprio di credito sub iudice, i quali elementi di incertezza e non liquidità non ostano sulla pignorabilità/sequestrabilità della quota dell’amministratore responsabile. Sul punto, la giurisprudenza collega il differimento dell'effetto traslativo della cessione al fatto, appunto, che il credito al momento della cessione debba ancora venire ad esistenza (Cass. 9997/1996, 6422/2003, 17590/2005), precisando però che sono invece potenzialmente opponibili le cessioni di crediti "futuri" e non meramente "eventuali", in quanto maturandi nell'ambito di un rapporto identificato e già esistente (Cass. n. 9027/1987, 15141/2002, 28300/2005). Viceversa, non sono prospettabili valide ragioni logico-giuridiche per cui elementi quali la non certezza o la non liquidità del credito, che non incidono sulla pignorabilità dei crediti (cfr. Cass. n. 9027/1987 cit., 5235/2004, 19967/2005 sulla pignorabilità di crediti illiquidi o condizionati), ostino ad un'efficacia reale della cessione, posto che il pignoramento pone sul bene un vincolo che in tanto ha un senso in quanto ne sia ipotizzabile l'alienabilità.  
Pertanto, in conformità alla giurisprudenza sopra menzionata, ed essendo riconosciuta l’esistenza del rapporto di società intercorrente tra il sequestratario e il terzo sequestrato, il giudice potrà senz’altro autorizzare il sequestro sul credito che maturerà per effetto della liquidazione della quota al sequestratario da parte del terzo sequestrato, nonché degli eventuali utili e/o altri crediti che dovesse maturare lo stesso sequestratario in forza del rapporto di società, fino a concorrenza del credito che verrà, eventualmente, accertato con sentenza resa nel giudizio di merito, nella misura in cui il debito del terzo sarà sussistente. Il tutto ai sensi degli artt. 678 e 543 e seguenti cpc.

È chiaro che, conseguentemente, a fronte del fatto che verosimilmente è intervenuta la proroga tacita della società (ciò sulla base della dichiarazione resa dal terzo stesso), l’attore potrà, in ipotesi di esito positivo del giudizio di merito, ai sensi dell’art. 2307, comma 2 cc, chiedere “la liquidazione della quota del suo debitore a norma dell’art. 2270”.

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