Company law - Oltre all’art. 29 anche l’art. 49 (ex 57) della bozza del DL Rilancio prevede crediti d’imposta per le capitalizzazioni delle PMI danneggiate dal Covid-19

19/05/2020

Company law - Oltre all’art. 29 anche l’art. 49 (ex 57) della bozza del DL Rilancio prevede crediti d’imposta per le capitalizzazioni delle PMI danneggiate dal Covid-19

A questo punto si apriranno gli arbitraggi su quale sia il credito d’imposta più interessante da prendere?

A cura del Dipartimento Company Law e Operazioni Straordinarie
Come si è già avuto modo di commentare in una precedente analisi alla bozza di art. 29 del DL Rilancio, il tentativo di muovere il risparmio dei privati per farlo andare a favore della ricapitalizzazione del sistema imprenditoriale italiano, fiaccato dall’emergenza Covid-19, passa per il credito d’imposta riconosciuto a fronte di investimenti nel capitale.

Se questo è chiaro nella bozza del citato art. 29 che prevede peraltro una serie di norme agevolative, che riguardano sia le persone fisiche che sottoscrivono e versano l’aumento di capitale, che le società che ricevono dette sottoscrizioni, ed anzi possono stimolare il ricevimento di ulteriori fondi da parte di un Fondo pubblico denominato Fondo Patrimonio PMI e  gestito da Invitalia, il medesimo meccanismo viene ribadito nell’ultima bozza del DL Rilancio nell’ art. 49, che torna sul medesimo punto, con analogo meccanismo, quanto meno per le persone fisiche.

Infatti, detto articolo rubricato “Incentivi agli investimenti in aumenti di capitale in imprese danneggiate da epidemia COVID-19” prevede un credito d’imposta IRPEF  pari al 30 per cento degli investimenti nel capitale sociale  di una o più imprese aventi sede in Italia   che abbiano un volume di ricavi da 5 a 50 milioni di euro e che nel corso dei mesi di marzo ed aprile del 2020 abbiano avuto una contrazione superiore ad un terzo del fatturato conseguito nel medesimo periodo dell’anno precedente.

Il massimo dell’agevolazione è calcolata su investimento, anche in diverse imprese o società, di 1 mln di euro per le persone fisiche (per ciascuna persona fisica) cui corrisponderà quindi un credito d’imposta massimo di 300.000 euro.

Per quanto riguarda gli investimenti di capitale effettuate da parte di soggetti IRES, al posto del credito d’imposta viene previsto un meccanismo di deduzione del versamento dalla base imponibile IRES con un massimo di 1,8 mln di euro, ed un risparmio d’imposta massimo conseguentemente pari a 129.600 euro considerando una aliquota IRES del 24% (1.800.000 x 0,30 x 0,24).

L’eventuale eccedenza di credito d’imposta o di investimenti detraibili, non utilizzabili nell’anno, può\possono essere rinviata\i ai successivi esercizi ma non oltre il terzo.

Infine è previsto che gli incentivi dell’articolo 49 non siano cumulabili con quelli relativi alle start-up innovative e con quelli relativi alle PMI innovative, alle cui disposizioni interpretative però si rinvia, per quanto compatibili.

Nulla è però detto circa la cumulabilità degli stessi incentivi con quelli previsti dal già ricordato art 29 del DL Rilancio: in entrambi i casi la società target avrebbe i medesimi requisiti, vale a dire da 5 a 50 mln di fatturato 2019 ed una riduzione del fatturato dei mesi di marzo e aprile 2020, rispetto al corrispondente periodo del 2019, di oltre un terzo; in entrambi i casi l’operazione dovrebbe essere effettuata entro il 2020.

Le differenze più evidenti sono che:
  • nell’art. 29  è previsto il meccanismo del credito d’imposta, pari al 20% del versamento a capitale con un massimo di 2 mln, sia per le persone fisiche che per le società; che se si tratta di una società che esegue il versamento in aumento di capitale deve essere esterna al gruppo eventualmente già esistente   ed è esplicitamente  previsto che le target non possano essere società in crisi al 31.12.2019; inoltre è possibile sommare il credito d’imposta al socio con un credito d’imposta alla società  ed eventualmente anche con la possibilità di vedere sottoscritti, dal Fondo Patrimonio PMI e  gestito da Invitalia, degli strumenti finanziari per multipli  di quanto versato in aumento di capitale;
  • nell’art. 49, si distingue tra soggetti a Irpef e ad Ires prevedendo per i primi un credito d’imposta (30% di quanto investito con massimo di 1mln di euro), mentre per i secondi si prevede un importo del 30% di quanto investito deducibile dalla base imponibile con un massimo di investimento pari a 1,8 mln di euro ed un rinvio per il resto alla disciplina delle startup per l’interpretazione della normativa, ove compatibile. In più non verrebbero richiamate le limitazioni per gli investimenti nelle società in crisi ne per i soggetti Ires l’esclusione relativa alle operazioni interne ai gruppi (ma su quest’ultimo punto probabilmente dovrebbero trovare luogo le esclusioni previste dalla normativa sulle startup).
Quindi, ove il DL Rilancio pubblicato in Gazzetta Ufficiale preveda la disciplina di cui sopra secondo i medesimi termini qui esposti, e quindi senza variazioni sostanziali, è prevedibile che, a parità di importo investibile e\o di soggetto che esegue l’investimento e\o di soggetto che lo riceve, ci potranno essere scelta tra i due articoli (il 29 e il 49 che si fanno “concorrenza”) con un sostanziale arbitraggio tra le condizioni di partenza, gli obiettivi e la normativa.

E concorrenza letale entrambi vanno a fare, alle norme che agevolavano la partecipazione al capitale delle Startup, sempre che nella forma definitiva del (sospirato) decreto, non sia previsto un rialzo (magari al 50%, come sembrava prevedibile dalle prime bozze di decreto che erano circolate) del credito d’imposta per gli investimenti in tali, più rischiose, iniziative.

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1. Stante il richiamo, effettuato dal comma 9 dell’art. 49 della bozza del DL Rilancio, alle disposizioni del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 7 maggio 2019 recante “Modalità di attuazione degli incentivi fiscali all'investimento in start-up innovative e in PMI innovative”, l’investimento agevolato dovrebbe essere riservato ai conferimenti in denaro, e sostanziarsi nei versamenti iscritti alle voci capitale sociale o riserva sovrapprezzo; pertanto, come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 16/2014, le agevolazioni non competono se i versamenti sono iscritti a riserve quali “versamenti in conto capitale”, “versamenti a fondo perduto” o equivalenti (fra cui, si ritiene anche le riserve in conto futuro aumento capitale), pur se esse hanno per la società natura di patrimonio netto. Tale aspetto risulta di particolare rilevanza soprattutto in occasione della redazione di eventuali accordi di investimento e parasociali fra i soci ove, negli impegni di capitalizzazione/patrimonializzazione, capita frequentemente di leggere pattuizioni che prevedano che i versamenti effettuati per patrimonializzare la società siano iscritti in riserve (finanche targate), le quali, ancorché imputate a patrimonio, non beneficerebbero dell’agevolazione suddetta, occorrendo quindi prestare particolare attenzione.
2. Ovvero di stabili organizzazioni di imprese con sede in Stati membri dell’Unione europea o Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo.
3. Stante il rinvio al DM richiamato nella nota 1.  
4. Infatti il credito d’imposta rimane precluso per le società controllanti (direttamente o indirettamente o che sono sottoposte a comune controllo o sono collegate con la stessa ovvero sono da questa controllate).
5. Pari al 50% sulle perdite eccedenti il 10% del patrimonio netto e fino a concorrenza del 30% dell’aumento di capitale effettuato dai soci.
6.Pari al minore importo tra tre volte l’ammontare dell’aumento di capitale eseguito dalla società e il 12,5% dell’ammontare dei ricavi del 2019


 

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