Concordato: la proposta del 10% al creditore chirografario è soddisfacente?

Un mio debitore ha depositato una proposta di concordato proponendo ai creditori chirografari, tra i quali la mia azienda, il pagamento del 10% dei crediti. In realtà credo che il debitore possa pagarci molto meglio, anche perché nella sua azienda ci sono dei beni che, a mio avviso, valgono molto di più di quello che viene indicato nella proposta. Qual è il modo migliore con cui posso tutelarmi? Sono già stato preso in giro abbastanza da questo personaggio e non vorrei farmi turlupinare di nuovo…

Anzitutto le consigliamo di lasciar perdere i principi e di guardare esclusivamente al suo tornaconto economico.

E’ il caso di precisare che, per capire se quel 10% è conveniente (l’alternativa, normalmente, è il fallimento, quindi la convenienza va valutata rispetto a tale scenario), non bisogna guardare solo il valore dei beni, ma anche l’entità dei debiti e la loro composizione. Aumentando i creditori privilegiati, normalmente c’è infatti meno spazio per pagare i creditori chirografari come lei –. Quindi quel 10% potrebbe forse anche essere conveniente: bisogna anzitutto leggere con molta attenzione tutta la proposta concordataria, per capire (se effettivamente tutti gli attivi aziendali sono ben descritti e se il valore indicato sia corretto. Quanto ai debiti, di solito il loro esame è più facile: forse però ci sono delle situazioni che vanno interpretate perché magari non sono riportate in modo corretto ovvero realistico (ad esempio: gli artigiani sono tutti privilegiati? E i professionisti? O ancora, i fondi rischi derivanti da cause passive in corso sono corretti?). Al riguardo, se il commissario giudiziale nominato dal Tribunale fallimentare (si tratta di un organo terzo rispetto al debitore, nominato tra l’altro per “fare le pulci” alla sua proposta: è quindi generalmente attendibile nelle sue valutazioni) ha già depositato la sua relazione, la legga con la stessa attenzione rispetto alla proposta concordataria: lì potrà trovare l’opinione del commissario sia su tutte le voci dell’attivo e del passivo, sia sul fatto se il concordato proposto sia conveniente o no. Se invece questa relazione non le è ancora pervenuta le consiglieremo di aspettare a leggerla, o in alternativa girare la proposta concordataria al suo professionista di fiducia perché se la legga e le dica cosa ne pensa.

Se poi ci fosse un significativo contrasto tra la proposta del debitore e la relazione del commissario, che non sia stata nel frattempo risolta (perché il debitore ritiene scorrette le obiezioni del commissario e “tiene duro” sulla sua proposta), è opportuno che lei vada all’udienza riservata alla discussione della proposta concordataria ed al voto dei creditori (meglio ancora se manda i suoi professionisti, che saranno in grado di capire anche eventuali tecnicalità della discussione): in quella sede potrebbero emergere degli elementi importanti per chiarire i punti dubbi che siano rimasti aperti. Non si affretti infine a votare in udienza, se non ha le idee perfettamente chiare: può farlo anche nei venti giorni successivi.    

Se la maggioranza dei creditori vota contro (la maggioranza si calcola in base al valore dei crediti e non al numero dei soggetti creditori), la proposta è respinta e il debitore può fare una nuova proposta migliorativa, altrimenti fallisce.

Questo è la situazione “normale”, tuttavia, volendo c’è pure un’alternativa, piuttosto complicata e statisticamente molto poco percorsa, ma gliela segnaliamo.

L’art.163 della legge fallimentare prevede che uno o più creditori, rappresentanti almeno il 10% dei crediti concordatari, possono presentare una proposta concordataria concorrente rispetto a quella del debitore, che sarà a sua volta votata dai creditori. Questa proposta può prevedere un aumento di capitale nella società debitrice: dal lato pratico, pertanto, il creditore – che potrebbe quindi essere anche la sua azienda - mediante l’aumento di capitale “compra” la società debitrice (magari una concorrente) e con il denaro dell’aumento paga i creditori. Attenzione! Non è necessario che la soddisfazione dei creditori provenga solamente dall’aumento di capitale, perché a tal fine si potrebbero usare anche i proventi di alcune dismissioni di assets non strategici, ovvero i flussi di cassa generati dall’attività futura (sul presupposto, ovviamente, che l’azienda torni ad essere redditiva). 

Per fare un esempio (mi rendo conto che la questione non è banale), lei dovrebbe comprare dei crediti fino ad arrivare al 10% sul totale (se non detiene già questa percentuale), dopodiché presentare una proposta che paghi, sempre ad esempio, il 20% dei creditori. Se la proposta viene votata dalla maggioranza dei creditori, pagato il predetto 20% il resto dei crediti chirografari (antecedenti al concordato) è stralciato per legge e quindi l’azienda – che a quel punto diventa Sua, se l’aumento di capitale è stato versato solo da lei) viene sostanzialmente risanata, almeno dal punto di vista contabile.

Importante notare, infine, che questa proposta può essere bloccata dal debitore qualora lo stesso proponga ai creditori chirografari il pagamento di almeno il 40% del credito (o del 30% se si tratti di un concordato in continuità), cosa che può fare anche in un secondo momento, come “rilancio” rispetto alla Sua eventuale proposta concorrente. 

Questo significa, in altri termini, che lei rischia di ritrovarsi in un’operazione complessa e costosa, rispetto al quale il debitore ha sempre l’ultima parola e quindi lei butterebbe tempo e soldi inutilmente!

Questo salvo che lei riesca a comprare i crediti ad un valore molto basso (diciamo il 5%). In questo scenario, sempre facendo un esempio, lei compra i crediti al 5% e fa una offerta ai creditori di pagare il 20%: il debitore deve a quel punto almeno pareggiare la sua proposta e quindi pagarle al 20% quello che lei ha comprato a molto meno: quindi quello che perde in tempo suo e costi dei professionisti lo recupera (almeno in parte, o magari guadagnandoci) con l’incasso dei crediti.
Un’ultima considerazione su questa ipotesi, a mio avviso la più importante di tutte.

Questa via è interessante solamente laddove lei sia in grado di prevedere i verosimili guadagni dell’operazione (perché magari è in grado di liquidare la società e capire se riesce a ricavarsi un utile rispetto al prezzo di acquisto), oppure se il debitore sia un suo concorrente e la sua azienda rimanga attiva anche dopo il concordato: in questo modo lei rileverebbe l’azienda e (se ci sono le condizioni) creare delle sinergie, od economie di costi, o altre utilità che rendano conveniente l’acquisto: soprattutto, se è un concorrente sarà per lei più semplice valutare se un buon acquisto in teoria possa o meno diventare un “bagno di sangue”.

Se quindi lei non si trova in questo ultimo tipo di scenario, di nuovo le consigliamo di resistere ai suoi istinti bellicosi e valutare con la maggior freddezza possibile se votare a favore o contro della proposta concordataria del suo debitore.
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