Crediti fiscali bloccati, crisi del settore delle costruzioni: strumenti per la sopravvivenza

09/01/2023

Crediti fiscali bloccati, crisi del settore delle costruzioni: strumenti per la sopravvivenza
A cura di Giorgio Aschieri e Daniele Giacomazzi

Premessa
Da oltre un anno ormai, le sorti del mondo dell’edilizia (e non solo) sembrano dipendere dal c.d. “sblocco dei crediti fiscali”.
Sono note le travagliate vicende giudiziarie che hanno indotto il legislatore ad adottare, a partire dal c.d. Decreto Antifrodi (DL 157/2021), una lunga serie di misure volte all’irrigidimento del mercato della cessione dei crediti fiscali.
L’effetto sul mercato è stato dirompente: si è passati da un concetto di credito fiscale come “bene fungibile”, una sorta di nuova moneta cedibile senza limiti, ad un credito fiscale come “bene infungibile”, dotato di un codice univoco1, cedibile limitatamente e la cui circolazione sul mercato comporta peculiari adempimenti2.
Si sono susseguiti numerosi interventi legislativi per tentare di rassicurare i potenziali cessionari, da ultimo con il c.d. Decreto Aiuti-quater (D.L. 176/2022)3, tuttavia ad oggi il mercato dei crediti fiscali, soprattutto bancario, è caratterizzato ancora dall’immobilismo.
Tutto ciò ha prodotto non solo un arresto del nuovo mercato dei crediti fiscali ma anche rilevantissimi effetti economico-finanziari su tutto il comparto.
Questi crediti, infatti, sono stati in gran parte ceduti dai proprietari degli immobili alle imprese edili (o ai general contractors che hanno gestito tale tipo di lavori) che hanno operato mediante il c.d. “sconto in fattura”, al fine di consentire ai committenti di avere un impatto finanziario nullo o quasi, in relazione alle opere edili che davano diritto al predetto Superbonus.
Ovviamente, la componente finanziaria relativa a questo sconto si è trasferita alle società appaltatrici, che in genere hanno operato con la ragionevole aspettativa di potere cedere tali crediti a banche o ad altri intermediari finanziari. Come si è detto, questo meccanismo si è inceppato per l’irrigidimento del mercato e stenta a ripartire.
In questo contesto problematico, il nostro Studio, ha approntato alcune operazioni straordinarie volte a consentire la riattivazione delle cessioni verso il c.d. mercato secondario del credito attraverso l’efficientamento della c.d. capienza fiscale delle società coinvolte.

Molto spesso, però, ciò non è possibile ed è allora fondamentale comprendere le conseguenze che questo stallo provoca sull’andamento delle imprese cessionarie di tali crediti fiscali.
Si tratta di imprese che, generalmente, presentano una adeguata redditività ed una adeguata patrimonializzazione e, tuttavia, si trovano in una situazione di sofferenza più o meno accentuata dal punto di vista finanziario.
In questa situazione, tali imprese hanno moltissimi crediti di natura fiscale, che non riescono ad incassare o cedere e, specularmente, molti debiti (soprattutto verso fornitori, ma anche di altra natura) che non possono onorare per carenza di liquidità.
Nei casi che il nostro Studio ha sinora affrontato, l’approccio strategico suggerito ai Clienti - laddove i creditori non siano ulteriormente disponibili ad acconsentire a dilazioni di pagamento e, nel contempo, l’azienda sia profittevole una volta disincagliati i crediti fiscali - è stato il seguente: i) svolgere una approfondita attività di due diligence per attestare che i crediti dell’azienda non presentino alcun problema che ne ostacoli la cedibilità; ii) ricorrere agli strumenti del Codice della Crisi di Impresa e, in particolare, alla composizione negoziata di recente introdotta nel nostro ordinamento.

La due diligence sui crediti da bonus fiscali
Questa attività appare fondamentale, per il buon fine dell’operazione delle imprese cessionarie di bonus fiscali.
È infatti chiaro, come meglio esporremo oltre, che l’azione principale che le imprese in difficoltà transitoria devono compiere, laddove siano impossibilitate a reperire altre forme di finanziamento, sia quella di attrezzarsi adeguatamente, al fine di potere quanto prima cedere in tutto od in parte i crediti incagliati e ripristinare l’equilibrio dei flussi finanziari.
È infatti possibile che la situazione si risolva mediante un intervento legislativo, che agevoli i meccanismi di cessione dei crediti, magari unito ad un ulteriore sforzo del ceto bancario o di altri intermediari finanziari.
Non è però possibile prevedere, allo stato attuale, se e quando arriverà e, ancora, se sarà di dimensioni tali da assorbire tutta la mole di crediti bloccati, oppure se ciò avverrà per gradi successivi.
Ragioni di prudenza inducono quindi i professionisti dello Studio a ritenere che, in questa possibile “graduatoria” di crediti fiscali incagliati, i più prontamente smobilizzabili saranno quelli che presentino minori rischi legati alla loro esistenza e cedibilità.
Ciò è tanto più vero quanto i crediti bloccati nel cassetto fiscale sono stati sottoposti ad un visto di conformità “leggero” ovvero certificato ai sensi della normativa vigente ma, ad esempio, non sottoposto alle verifiche puntuali necessarie per garantire la diligenza nell’acquisto di un potenziale cessionario4.

Questo si traduce, dal punto di vista pratico, nella opportunità che le imprese demandino a soggetti competenti delle adeguate attività di due diligence, finalizzate a verificare la sussistenza tutti i presupposti oggettivi e soggettivi per la spettanza dei bonus e quindi del credito oggetto di cessione.
Tale report di due diligence, che potrebbe prevedere anche ulteriori verifiche laddove richieste dai cessionari (ad esempio in relazione alle solidità del cedente), consente il rilascio di un documento formale (c.d. comfort letter) in grado di certificare la solidità del credito ovvero, al contrario, le eventuali criticità rilevate.

È evidente che, man mano che si apriranno finestre di mercato per la cessione dei crediti da bonus fiscali, i crediti così verificati avranno maggiore probabilità di essere ceduti per primi: tanto prima i crediti saranno ceduti, tanto meglio l’impresa in questione uscirà dallo stato di difficoltà finanziaria che la caratterizza, riducendo così la probabilità di scenari di crisi irreversibili.

Gli strumenti giuridici per affrontare la crisi di liquidità
Il nuovo Codice della Crisi di Impresa o “CCI” (che nell’estate del 2022 ha integralmente sostituito la Legge Fallimentare) prevede numerosi strumenti per la soluzione della crisi di impresa, pensati appositamente per adattarsi alle diverse manifestazioni della stessa nel modo più appropriato. Lo strumento finora suggerito dal nostro Studio nelle situazioni di difficoltà sopra descritte è la cosiddetta “composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa”, prevista dall’art.12 del CCI.

Possono ricorrere a questo strumento le imprese commerciali che si trovino in condizioni di squilibrio “economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”: questa formulazione corrisponde perfettamente allo stato in cui si trovano le imprese sovraccariche di crediti fiscali che non riescono a cedere e che siano intrinsecamente sane.

Come funziona lo strumento in questione? Lo esponiamo in estrema sintesi.
L’imprenditore che opterà per questa soluzione chiederà al segretario generale della CCIAA locale di nominare un esperto negoziatore (nel 90% dei casi sarà un commercialista), che agirà con indipendenza e riservatezza, al fine di condurre le trattative con i creditori e trovare una soluzione negoziale, evitando per quanto possibile le procedure più impattanti (ad esempio il concordato preventivo).
L’esperto negoziatore, nel mentre approfondisce la conoscenza dell’azienda, convoca i creditori ed instaura delle trattative: il fatto che costui sia indipendente lo rende massimamente credibile nei confronti dei creditori e gli sarà quindi più semplice, rispetto all’imprenditore, portarli ad un tavolo per raggiungere un accordo ragionevole per tutti gli interessati.
In questo senso, l’attività di due diligence sopra descritta può essere determinante. Laddove, infatti, l’imprenditore sia in possesso di un solido report di due diligence come sopra descritto, gli sarà agevole convincere l’esperto negoziatore sulla natura transitoria della crisi e sulla “bontà” degli assets, costituiti dai crediti fiscali in questione, nonché sul fatto che una volta risolto il problema non vi siano ostacoli per la ripresa di una proficua attività imprenditoriale. Una volta che l’esperto negoziatore sia persuaso di questo, il suo aiuto nei confronti di banche e fornitori potrebbe essere decisivo.

Questo strumento è preferibile, ad avviso di chi scrive, rispetto al c.d. “concordato in bianco” sinora utilizzato in situazioni similari, perché a differenza di quest’ultimo lascia all’imprenditore la massima flessibilità di gestione dell’azienda: tutte le attività di amministrazione, anche straordinaria, sono liberamente effettuabili dall’imprenditore senza autorizzazioni di sorta (anche se l’effettuazione di attività straordinarie senza accordo con l’esperto negoziatore rischia di essere controproducente).
Nei confronti dei creditori che minaccino di intraprendere – o abbiano già intrapreso – azioni esecutive (pignoramenti o iscrizioni ipotecarie) nei confronti dei beni aziendali, è possibile chiedere al Tribunale delle misure protettive, che consistono generalmente nell’inibizione o blocco di tali azioni, senza che i creditori possano rifiutarsi di adempiere ai contratti in essere con l’imprenditore per il solo fatto che non siano pagati i propri crediti antecedenti alla domanda di composizione negoziata.
In pendenza del procedimento di composizione negoziata, l’imprenditore non ha l’obbligo di ricapitalizzare l’azienda laddove il capitale sociale sia sceso sotto i minimi di legge e non è possibile dichiarare il fallimento (ora denominato liquidazione giudiziale) dell’impresa.
Sono evidenti, a nostro avviso, i vantaggi di questo strumento: i) presenza di un soggetto autorevole che agevola le trattative, ii) probabile difesa contro azioni estemporanee dei creditori, iii) piena operatività aziendale.

Uno strumento molto flessibile e particolarmente adatto a situazioni di difficoltà temporanea, come quelle che stiamo esaminando.

I Professionisti dello Studio sono a disposizione per ogni chiarimento.
 

1 L’articolo 121, comma 1-quater, del decreto-legge n. 34 del 2020, stabilisce che i crediti derivanti dall'esercizio delle opzioni (prima cessione o sconto in fattura) non possono formare oggetto di cessioni parziali successivamente alla prima comunicazione dell'opzione all'Agenzia delle entrate. A tal fine, al credito è attribuito un “codice identificativo univoco” da indicare nelle comunicazioni delle eventuali successive cessioni. Tali disposizioni si applicano alle comunicazioni della prima cessione o dello sconto in fattura inviate all'Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022, fatta eccezione per le comunicazioni inviate dal 9 al 13 maggio 2022 in relazione alle spese del 2020 e del 2021 (cfr. risoluzione n. 21/E del 5 maggio 2022 – penultimo periodo).
2 Circolare n. 23/e del 23 giugno 2022 relativa a “Detrazione per interventi di efficientamento energetico e di riduzione del rischio sismico degli edifici, nonché opzione per la cessione o per lo sconto in luogo della detrazione previste dagli articoli 119 e 121 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (decreto Rilancio) convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 - Ulteriori chiarimenti”. e circolare n. 33/e del 6 ottobre 2022 relativa a “Modifiche introdotte dal decreto “Aiuti-bis” alla disciplina dell’opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali di cui all’articolo 121 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, e chiarimenti in merito alla regolarizzazione di errori nella indicazione dei dati nella comunicazione per, l’esercizio dell’opzione.”
3 Il decreto ha introdotto la facoltà per i cessionari di utilizzo del credito in 10 rate annuali di pari importo (anziché 4 o 5 come previsto per chi matura la detrazione). In sede di conversione il decreto, attualmente in fase di pubblicazione, è stato integrato da un’ulteriore misura che prevede il rilascio di garanzie sui crediti fiscali in cassetto da parte della società SACE s.p.a. al fine della valutazione del merito creditizio dell’impresa.
4 Con riferimento agli indici di diligenza del cessionario si rinvia alle richiamate Circolare n. 23/e del 23 giugno 2022 e circolare n. 33/e del 6 ottobre 2022.




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