Il “reverse charge” si applica solamente alle prestazioni di completamento di edifici in costruzione o anche alle prestazioni di completamento, quali quelle di manutenzione ordinaria e straordinaria, di edifici già costruiti?

E’ stato chiesto al Dipartimento Consulenza Tributaria Corporate se il "reverse charge" si applica anche alle prestazioni di completamento di edifici.

Con riferimento alle prestazioni di completamento di edifici, occorre verificare se il reverse charge si applichi solo alle prestazioni di servizi “di completamento” relative ad immobili in costruzione o anche alle prestazioni di servizi su immobili già esistenti.

Il dubbio nasce a causa del fatto che l’Agenzia delle Entrate, per tramite della Circolare n. 14/E del 27 marzo 2015, si esprime in modo assai poco chiaro per quanto riguarda il concetto di “completamento di edifici”.
L’art. 17, co. 6, lett. a-ter) del D.P.R. n. 633/1972, lo si rammenta, dispone che il “reverse charge” trova applicazione anche con riferimento “alle prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici”.

In sintesi, e per quanto attiene al “completamento di edifici” l’Agenzia:
  1. afferma che il termine “completamento” utilizzato dal Legislatore è un termine “atecnico”;
  2. evidenzia che il Testo Unico sull’edilizia non utilizza tale definizione ma fa riferimento alla manutenzione ordinaria, straordinaria, restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia;
  3. afferma nella Circolare che nel dubbio occorre rifarsi alla sezione della Tabella ATECO dedicata al “Completamento di edifici”;
  4. inoltre, aggiunge che le prestazioni di “rifacimento della facciata di un edificio” possono comunque essere ricomprese fra i servizi di completamento e che pertanto esse sono assoggettate al meccanismo del “reverse charge”.
La dottrina ha quindi interpretato quanto affermato dall’Agenzia delle Entrate evidenziando quanto segue: “Anche per le operazioni di completamento degli edifici, per le quali il dato letterale non conduceva assolutamente alla manutenzione, l’Agenzia si giustifica precisando che il termine “completamento” è stato utilizzato dal legislatore in modo atecnico e quindi, rifacendosi al Testo unico sull’edilizia, occorre comprendere nel reverse charge anche gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, eccetera. Questi lavori riguardano ad esempio l’imbiancatura, la posa in opera di infissi, il rivestimento di pavimenti e di muri, la tinteggiatura, eccetera. Pertanto tali interventi sono soggetti a reverse charge anche se effettuati su fabbricati esistenti e non solamente su quelli in corso di costruzione” (cfr. TOSONI G. P., <<Inversione>> anche per le manutenzioni, Il Sole 24 Ore, 2015).

Peraltro le prestazioni di “rifacimento della facciata di un edificio”, citate dall’Agenzia a titolo esemplificativo quali servizi di completamento rientranti nell’ambito di applicazione del “reverse charge”, possono rappresentare, in quanto appunto “di rifacimento”, proprio un esempio di prestazione di completamento effettuata presso edifici già esistenti.

La dottrina quindi su tale questione afferma che, per quanto concerne le prestazioni di “completamento di edifici”, il criterio guida deve essere quello di fare riferimento alla sola descrizione oggettiva dell’attività ai sensi della Tabella ATECO e, pertanto, se quest’ultima è ricompresa nella “lista codici ATECO” individuata dalle Entrate ed è relativa ad edifici allora andrà sempre in “reverse charge”, a nulla rilevando la natura dell’intervento, ossia a prescindere che si tratti di manutenzione, ristrutturazione, restauro (e quindi di un intervento su una costruzione già esistente) o di nuova costruzione (cfr. RICCA F.,  “Manutenzione degli impianti, Iva con il reverse charge”, Italia Oggi, 2015).
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