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Accatastamento depuratori: si consolida l’orientamento sfavorevole alle public utilities
Accatastamento depuratori: si consolida l’orientamento sfavorevole alle public utilities
05/10/2021
A cura di Marco Bevilacqua
Il presente focus prosegue nell’approfondimento già in precedenza condotto con riferimento alla questione dell’
accatastamento degli impianti di depurazione,
tema molto sentito dagli
operatori del Servizio Idrico Integrato
, segnalando i principi enucleati dalle
pronunce della Cassazione
che hanno consolidato l’
orientamento sfavorevole
all’applicazione della categoria E, con conseguente
inapplicabilità dell’esenzione ICI/IMU
.
Rammentiamo infatti che il profilo controverso, rilevante ai fini dell’esenzione impositiva in discorso, è il corretto inquadramento catastale degli impianti in questione, fra le due alternative ossia la categoria D (da cui discende l’imposizione) o E (da cui deriva, invece, l’esenzione).
Recentemente, la Suprema Corte è tornata sull’argomento con le
statuizioni n. 19393/2021 e 19873/2021
, propendendo ancora una volta per la
categoria D
.
Ad avviso della Corte, anzitutto richiamatasi alla propria precedente pronuncia n. 3112/2019, sul punto risulta ancora una volta
dirimente l’elemento della commercialità
, non essendo sufficiente che la proprietà di tali impianti permanga in capo ai Comuni e l’uso gratuito, considerata, invece, la
concessione in uso di tali beni ad un soggetto diverso
costituito da una società commerciale, “
e neppure rileva la circostanza che le scelte gestionali e finanziarie dipendano dagli enti pubblici che detengono partecipazioni societarie totalitarie nella concessionaria, essendo ciò connaturato alla qualità di soci di detti enti
”.
Viene quindi rigettata la tesi sostenuta dalla ricorrente in ordine alla sua equiparabilità ad un ente pubblico.
Le statuizioni in esame, sulla scia dei precedenti n. 2247/2021 e n. 9427/2019, rimarcano poi che la
gestione del servizio idrico ha natura economica,
non potendo quindi applicarsi la categoria E relativa, invece, a fabbricati estranei ad una logica commerciale.
La Corte conclude dunque per l’applicazione della categoria D, in considerazione del fatto che la destinazione a servizio pubblico non è incompatibile con
la natura imprenditoriale dell’attività della società a rilevante partecipazione pubblica
.
Per effetto, allora, delle ricordate pronunce, si consolida ulteriormente l’indirizzo della Cassazione sull’inapplicabilità, alla fattispecie in questione, della categoria E, a dispetto del
più risalente precedente contrario n. 3358/2015
, che aveva, come già segnalato, concluso invece per la categoria E.
Visto quindi l’orientamento della Cassazione, ed in considerazione delle numerose cause pendenti sulla questione, potrebbe essere opportuno valutare una chiusura di tali contenziosi con il risparmio delle sanzioni.
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