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Compensi amministratori per “particolari cariche” e premi straordinari: dilemma civilistico e conseguente nuovo filone di contenzioso tributario?
Compensi amministratori per “particolari cariche” e premi straordinari: dilemma civilistico e conseguente nuovo filone di contenzioso tributario?
15/02/2021
A cura di Marco Bevilacqua
È assai nota la posizione delle Entrate e della giurisprudenza per cui la previa delibera assembleare ex art. 2389 c.c. costituisce presupposto indefettibile ai fini della deducibilità dei compensi corrisposti agli amministratori.
Tuttavia, il medesimo articolo 2389 c.c. prevede che si possa evitare tale delibera nel caso di amministratori investiti di talune particolari cariche. L’articolo, infatti, recita: “
La rimunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche
”.
È allora dirimente comprendere quali siano le “particolari cariche” in relazione alle quali si possa rinunciare alla delibera assembleare, poiché altrimenti potrebbe esserci il rischio di una ripresa fiscale.
Altro tema interessante e correlato è che cosa si debba intendere per “compensi”, destinati appunto agli amministratori, ed in specie come in ciò si atteggino i premi.
Ebbene, tali questioni, talora particolarmente avvertite in azienda, sono state congiuntamente trattate dalla recente pronuncia del Tribunale di Roma dello scorso 08 Giugno 2020. Il tema sottoposto allo scrutinio giudiziale era, invero, proprio quello della determinazione dei compensi per particolari cariche degli amministratori, anche nell’ottica dell’incidenza sotto questo profilo dell’elemento premiale.
In sintesi, secondo la pronuncia, la nozione di compensi va intesa in senso ampio (premi compresi), ma la carica particolare non può essere semplicemente quella dell’amministratore delegato, sicché il CdA non è libero di erogare premi all’AD, occorrendo invece che lo statuto o l’assemblea ne abbiano quanto meno precisato le modalità di determinazione.
Andando quindi a vedere più in dettaglio la statuizione in parola, si rappresenta in primo luogo come essa si focalizzi sul meccanismo premiale evidenziando quanto segue:
dovrebbero rientrare nella nozione lata di compensi anche i premi;
nel caso esaminato, nella deliberazione che ha riconosciuto l’emolumento, il riferimento all’impegno ed ai risultati fa pensare ad un premio, ma il riconoscimento per l’apporto offerto alla conduzione societaria induce comunque a propendere per un compenso in termini di corrispettività delle prestazioni rese in adempimento dell’incarico di amministratore delegato.
Ciò posto, tuttavia, la pronuncia, richiamando alcuni precedenti della Cassazione, seppur dando atto “
di un orientamento maggioritario contrario, peraltro definito in dottrina tanto radicato quanto opinabile
”, afferma che la particolare carica il cui compenso può essere determinato dal CdA (comunque sentito, ricordiamo, il parere del Collegio Sindacale) non è semplicemente l’essere un amministratore delegato, ma bensì deve trattarsi di un qualcosa di estraneo alla normale attività gestoria del classico rapporto d’amministrazione, giacché altrimenti si eluderebbe la norma che prevede che i compensi degli amministratori non possono essere auto-determinati dal CdA medesimo.
Ed ecco perciò che tale pronunciamento spinge ad essere particolarmente prudenziali nell’impostare le scelte gestorio-societarie, anche al fine, per l’appunto, di non incorrere in contestazioni delle Entrate in ordine alla ripresa fiscale del costo sotteso al compenso corrisposto per assenza di previa delibera assembleare, così come recentemente accaduto in un caso che il nostro Dipartimento Difesa Tributaria sta ora assistendo in contenzioso.
Al netto dunque delle buone ragioni a favore del contribuente spese nel processo con approfondita ed articolata difesa, potrebbe essere intanto comunque ben prudente attenzionare la presente questione onde evitare, sin a monte, il rischio accertativo.
Ci pare allora in sintesi che il vero tema sia, nella logica della tesi più rigorosa, che il Consiglio non possa liberamente corrispondere somme per le prestazioni rese in virtù di impegno e risultati, poiché ciò è un fatto insito nell’essenza stessa degli amministratori con deleghe. In quest’ottica, si potrebbe dunque pensare ad un premio, ma allora vanno previste nello statuto anche le modalità di determinazione.
Seguendo il ragionamento, si ritiene, quindi, che la soluzione possa essere proprio quella: l’assemblea delibera disegnando dei perimetri e gli amministratori, di lì, si muovono.
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