Il D.L. “salva casa” è legge: le modifiche apportate al Testo Unico Edilizia

30/07/2024

Il D.L. “salva casa” è legge: le modifiche apportate al Testo Unico Edilizia
A cura di Simone Spiazzi

Premessa – 1. Recupero dei sottotetti – 2. Interventi di edilizia libera – 3. Stato legittimo dell’immobile – 4. Mutamento di destinazione d’uso – 5. Agibilità – 6. Opere abusive acquisite dal Comune – 7. Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità – 8. Tolleranze costruttive – 9. Strutture amovibili realizzate durante l’emergenza sanitaria da COVID-19.
 

Premessa

Il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, cd. Salva casa, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica, è stato convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2024, n. 105, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 27 luglio 2024 e in vigore dal 28 luglio 2024.
Il provvedimento, secondo quanto enunciato nel preambolo, persegue differenti finalità: 1) provvedere all’introduzione di disposizioni di semplificazione in materia edilizia e urbanistica, anche al fine di consentire la riqualificazione e la valorizzazione economica degli immobili; 2) far fronte al crescente fabbisogno abitativo, supportando nel contempo gli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo; 3) rilanciare il mercato della compravendita immobiliare; 4) superare le incertezze applicative che rendono problematica l’attività degli enti locali, di cittadini ed imprese, con particolare riferimento al riutilizzo del patrimonio edilizio esistente al fine di contenere il consumo di suolo e favorire processi di rigenerazione urbana e riuso del suolo edificato, anche mediante interventi di ristrutturazione ricostruttiva.

Con il presente contributo si propone una sintesi dei contenuti del decreto-legge “Salva casa”, con particolare riferimento alle modifiche apportate al d.P.R. n. 380/2001, il Testo Unico Edilizia.
 

1. Recupero dei sottotetti

Il nuovo comma 1-quater dell’art. 2-bis del Testo Unico Edilizia (TUE) consente il recupero dei sottotetti in deroga alle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione che:

-  siano rispettati i limiti e le procedure previsti dalla legge regionale;
-  siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio;
-  non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali;
-  sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione.
Sono fatte salve le previsioni più favorevoli contenute in leggi regionali.
 

2. Interventi di edilizia libera

Rientrano ora tra gli interventi di edilizia libera previsti all’art. 6 TUE:
-    gli interventi di realizzazione e installazione di porticati, sempre che non siano gravati da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche e sempre che non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile anche da superficie accessoria a superficie utile;
-    le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile anche impermeabile, o con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera. In ogni caso, le opere non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche.
 

3. Stato legittimo dell’immobile

Ai sensi del modificato comma 1 dell’art. 9-bis TUE, lo stato legittimo dell’immobile è stabilito dal titolo abilitativo che ha previsto la costruzione o che l’ha legittimata e, solo alternativamente, dal titolo rilasciato o assentito che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio interessante l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Il titolo rilasciato o assentito che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio può stabilire lo stato legittimo solo se l’amministrazione competente, in sede di rilascio, ha verificato la legittimità dei titoli pregressi. In questo modo si è inteso valorizzare l’affidamento del privato nell’azione della pubblica amministrazione nel caso in cui gli uffici tecnici comunali abbiano ritenuto di emettere provvedimenti favorevoli pur avendo accertato parziali difformità non considerate rilevanti.

Vengono ricompresi, tra i titoli abilitativi, anche i titoli rilasciati o formati in esito a procedure di sanatoria, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni.

Alla determinazione dello stato legittimo concorre anche il pagamento delle sanzioni irrogate a seguito di:
- interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in parziale/totale difformità (artt. 33-34 TUE);
- interventi di ristrutturazione edilizia in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività, purché su immobili non sottoposti a vincolo (art. 37, commi 1, 3, 5, 6 TUE);
- interventi eseguiti in base a permesso annullato (art. 38 TUE).

Infine, alla determinazione dello stato legittimo concorre la dichiarazione delle tolleranze costruttive realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi (art. 34-bis TUE).
Il comma 1-bis dell’art. 9-bis TUE ora precisa che la disposizione che consente di fornire determinati altri elementi probanti lo stato legittimo nel caso in cui l’immobile sia stato realizzato in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, è applicabile anche ai casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili gli estremi o la copia.
Per quanto riguarda lo stato legittimo in ambito condominiale, il nuovo comma 1-ter dell’art. 9-bis TUE prevede che, ai fini dello stato legittimo della singola unità abitativa, non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio (cfr. art. 1117 codice civile) e, ai fini dello stato legittimo dell’intero edificio, non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari.
 

4. Mutamento di destinazione d’uso

È, ora, consentito, tramite segnalazione certificata di inizio attività, il mutamento della destinazione d’uso senza opere, cioè il mutamento che non comporta l’esecuzione di opere edilizie o che comporta opere riconducibili ad interventi di edilizia libera (art. 23-ter TUE):
a)  della singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale, nel rispetto della normativa di settore (comma 1-bis). Gli strumenti urbanistici comunali possono fissare specifiche condizioni;
b) della singola unità immobiliare ubicata in immobili ricompresi nelle zone territoriali omogenee A, B e C, tra le categorie funzionali residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, e commerciale, nel rispetto della normativa di settore (commi 1-ter e 1-quater). Anche per tale tipo di mutamento di destinazione d’uso, gli strumenti urbanistici comunali possono fissare specifiche condizioni, inclusa però la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile. Il mutamento, invece, non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale né al vincolo della dotazione minima obbligatoria dei parcheggi, anche se resta comunque fermo, ove previsto, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria.
Il cambio di destinazione d’uso per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate viene disciplinato dalla legislazione regionale, che deve prevedere i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali la disciplina appena enucleata può essere applicata.
Per il mutamento della destinazione d’uso con opere non si richiede la segnalazione certificata di inizio attività ma, invece, il rilascio del titolo richiesto per l’esecuzione delle opere necessarie al mutamento, tranne che per le opere subordinate a comunicazione di inizio lavori asseverata (comma 1-quinquies, lettera b).
È possibile anche il mutamento d’uso di un intero immobile, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali e subordinatamente al rilascio dei titoli edilizi richiesti a seconda che si tratti di mutamento d’uso con o senza opere (comma 3).
 

5. Agibilità

Ai fini della segnalazione certificata di agibilità, il tecnico progettista abilitato, ai sensi del nuovo comma 5-bis dell’art. 24 TUE, può ora asseverare la conformità del progetto alle norme igenico-sanitarie, fermo restando il rispetto degli altri requisiti igenico-sanitari previsti dalla legge, anche nelle seguenti ipotesi:
- locali con altezza minima interna inferiore a 2,70 metri, fino al limite di 2,40 metri;
- monolocale con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite di 20 metri quadrati, per una persona, e inferiore a 38 metri quadrati, fino al limite di 28 metri quadrati, per due persone.
Ad ogni modo, l’asseverazione può essere resa solo se è soddisfatto il requisito dell’adattabilità in tema di barriere architettoniche e se, alternativamente o cumulativamente:
- i locali sono situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
- è presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.
Sono comunque fatte salve le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste dalla legislazione vigente (comma 5-quater).
 

6. Opere abusive acquisite dal Comune

L’opera eseguita in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, ai sensi dell’art. 31 TUE, deve essere demolita dal responsabile dell’abuso entro il termine di 90 giorni, pena l’automatica acquisizione gratuita del bene e dell’area di sedime al patrimonio comunale. In esito alle modifiche introdotte, ora si prevede espressamente che il termine possa essere prorogato, con atto motivato del comune, fino a un massimo di 240 giorni nei casi di serie e comprovate esigenze di salute dei soggetti residenti nell’immobile all’epoca di adozione dell’ordinanza o di assoluto bisogno o di gravi situazioni di disagio socio-economico, che rendano inesigibile il rispetto del termine.
Nel caso in cui l’opera non venga demolita dal responsabile, la stessa, acquisita al patrimonio comunale, è demolita dal comune, salvo che non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici. Con le modifiche introdotte, si prevede che la decisione del comune di non demolire l’opera possa essere presa solo se l’opera non contrasta con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico, previa acquisizione degli assensi, concerti o nulla osta comunque denominati delle amministrazioni competenti.
Peraltro, seguendo la medesima procedura, il comune può alienare il bene e l’area di sedime, condizionando sospensivamente il contratto all’effettiva rimozione delle opere abusive da parte dell’acquirente. Tuttavia, alla procedura di alienazione non potrà partecipare il responsabile dell’abuso. Il valore venale dell’immobile deve essere determinato dall’Agenzia delle entrate, tenendo conto dei costi per la rimozione delle opere abusive.
Viene inasprita la sanzione nei casi di impossibilità di demolizione dell’opera eseguita in parziale difformità dal permesso di costruire, che viene ora determinata in misura pari al triplo del costo di produzione se ad uso residenziale, e al triplo del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale (art. 32, comma 2 TUE).
 

7. Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità

Con la novella degli artt. 36 e 37 del TUE e l’inserimento del nuovo 36-bis, la disciplina dell’accertamento di conformità è ora così suddivisa:
1)    gli interventi eseguiti in assenza, totale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire, in quanto fattispecie di maggiore gravità, continuano ad essere sottoposti al regime della doppia conformità urbanistica ed edilizia, ossia la necessità di rispettare la normativa prevista sia all’epoca della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda (art. 36 TUE);
2)    gli interventi in parziale difformità o in variazione essenziale dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire e quelli realizzati in assenza o in difformità o in variazione essenziale dalla segnalazione certificata di inizio attività “semplice” non sono più sottoposti alla doppia conformità, ma è sufficiente provare la conformità urbanistica al momento della presentazione della domanda e la conformità edilizia all’epoca della realizzazione dell’intervento (nuovo art. 36-bis TUE). Di seguito la sintesi del nuovo procedimento di accertamento della conformità.
Il permesso può essere rilasciato dallo sportello unico per l’edilizia, che può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari ad assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate (comma 2). Con riferimento alla segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria, allo sportello unico per l’edilizia è affidato il compito di prescrivere, tra gli interventi necessari appena menzionati, le misure che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.
Il rilascio del permesso in sanatoria è sempre subordinato al pagamento di una somma a titolo di oblazione (comma 5). La presentazione della richiesta di permesso di costruire o della segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria non dà diritto alla restituzione delle somme già versate a titolo di oblazione o sanzione già irrogate dalla pubblica amministrazione sulla base della normativa vigente al 30 maggio 2024 (art. 3, comma 4, decreto-legge convertito).
Sulla richiesta di permesso in sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale deve pronunciarsi con provvedimento motivato entro 45 giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta (art. 36-bis, comma 6 TUE). Il medesimo effetto si produce in caso di segnalazione certificata di inizio attività, con il passare di 30 giorni.

Si prevede la sospensione dei termini in caso di immobili soggetti a vincolo paesaggistico, fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica.

Si prevede, invece, l’interruzione qualora l’ufficio rappresenti, nei termini di conclusione del procedimento, esigenze istruttorie motivate e formulate in modo puntuale. I termini ricominciano a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori.
Decorsi i termini procedimentali, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci.
Su richiesta del privato, l’amministrazione ha l’obbligo di rilasciare, in via telematica, l’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e dell’intervenuta formazione dei titoli abilitativi. L’azione avverso il silenzio può essere esercitata dopo 10 giorni dalla richiesta.

Nel caso di:
1)    interventi viziati anche dall’assenza o dalla difformità dall’ autorizzazione paesaggistica (comma 4),
2)    interventi incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla realizzazione (comma 4),
3)    interventi realizzati entro l’11 maggio 2006 per i quali il titolo era stato rilasciato senza accertamento della compatibilità paesaggistica, ad eccezione degli interventi per i quali è già intervenuta una sanatoria (art. 3, comma 4-bis, del decreto-legge convertito),
il dirigente o il responsabile dell’ufficio deve richiedere all’autorità preposta alla gestione del vincolo un parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento. La richiesta di parere deve essere formulata anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati. L’autorità preposta deve formulare il parere entro il termine perentorio di 180 giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di 90 giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini perentori si intende formato il silenzio-assenso e il dirigente o il responsabile dell’ufficio provvede in autonomia.
La procedura di sanatoria appena descritta è applicabile anche all’attività edilizia delle amministrazioni pubbliche che, tuttavia, non sono assoggettate ad alcuna sanzione (art. 3, comma 2, del decreto-legge convertito). A tal fine, le amministrazioni pubbliche possono avvalersi del supporto e della collaborazione di altre amministrazioni pubbliche ovvero di soggetti terzi. Da tali adempimenti non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica: le amministrazioni pubbliche interessate vi provvedono, quindi, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali di cui abbiano già la disponibilità.

Il nuovo art. 34-ter TUE introduce un’ulteriore ipotesi di sanatoria, ancor più semplificata, che ha ad oggetto gli interventi realizzati come varianti in corso d’opera parzialmente difformi dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (c.d. Legge Bucalossi) e che non sono qualificabili come tolleranze costruttive. In questi casi, il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono regolarizzare l’intervento mediante presentazione di una segnalazione certificata di inizio attività e il pagamento di una somma a titolo di oblazione. Si applica anche a tali casi la disciplina della sanatoria per parziali difformità per quanto riguarda i termini del procedimento e il silenzio-assenso (art. 36-bis, comma 6 TUE) e la fase procedimentale prescritta nei casi di assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica (commi 4 e 5-bis, relativo alle sanzioni).
Il nuovo art. 34-ter TUE inserisce un’ulteriore disposizione di estremo favore secondo cui soggiacciono alla disciplina delle tolleranze costruttive, in deroga a quanto previsto per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, le parziali difformità realizzate durante l’esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all’esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia (comma 4). Tale deroga, tuttavia, opera soltanto se:
- non sia stato emesso, in seguito alle verifiche, un ordine di demolizione o riduzione in pristino;
- sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità non annullabile ai sensi della disciplina dell’annullamento d’ufficio.
 

8. Tolleranze costruttive

La maglia delle tolleranze costruttive viene di molto allargata per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, per i quali il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia anche in caso di scostamenti maggiori del 2% rispetto alle misure previste nel titolo abilitativo. Il limite del 2% rimane valido solo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati e per gli interventi realizzati dopo il 24 maggio 2024.

Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto deve essere contenuto entro i limiti (art. 34-bis, comma 1-bis TUE):
-    del 3% per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;
-    del 4% per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;
-    del 5% per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati,
-    del 6% per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati.

Ai fini del computo della superficie utile si deve tener conto della superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, al netto di eventuali frazionamenti successivi, così da evitare possibili condotte di frazionamento meramente strumentali ad ottenere l’applicazione di un regime più favorevole (comma 1-ter).

Gli scostamenti valgono anche per le misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari.
Sempre per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, limitatamente agli immobili non sottoposti a vincoli culturali e paesaggistici e a condizione che non venga violata la disciplina urbanistica ed edilizia e non venga pregiudicata l’agibilità dell’immobile, costituiscono tolleranze esecutive anche (comma 2-bis):
- il minore dimensionamento dell’edificio;
- la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;
- le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e la difforme ubicazione delle aperture interne;
- la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;
- gli errori progettuali corretti in cantiere e gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

La disciplina sin qui delineata (comma 1-bis e 2-bis) per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 è applicabile anche all’attività edilizia delle amministrazioni pubbliche (art. 3, comma 2, del decreto-legge convertito). Le amministrazioni possono dichiarare le tolleranze mediante il proprio personale deputato allo svolgimento delle ordinarie mansioni tecniche nel settore dell’edilizia. A tal fine, le amministrazioni possono avvalersi del supporto e della collaborazione di altre amministrazioni pubbliche ovvero di soggetti terzi. Anche per tali adempimenti non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Le nuove tolleranze esecutive, per espressa previsione di legge, non possono comportare limitazione dei diritti dei terzi (art. 34-bis, comma 3-ter TUE).
Un’ulteriore disposizione di favore per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 che rispettano i limiti delle tolleranze esecutive è contenuta nell’art. 3, comma 1, del decreto-legge convertito. Tali interventi, infatti, non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica.


9. Strutture amovibili realizzate durante l’emergenza sanitaria da COVID-19

L’art. 2 del decreto-legge convertito prevede che le strutture amovibili realizzate per finalità sanitarie, assistenziali, educative durante lo stato di emergenza nazionale dichiarato per il COVID-19 e mantenute in esercizio alla data di entrata in vigore del decreto possono rimanere installate, in deroga all’art 6, comma 1, lettera e-bis), TUE, il quale prevede la rimozione delle opere dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, al cessare della temporanea necessità. Il mantenimento deve essere giustificato da comprovate e obiettive esigenze idonee a dimostrare la perdurante necessità delle strutture, mentre non può porsi in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e con le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio.
A tal fine gli interessati devono presentare apposita comunicazione di inizio lavori asseverata.








 

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