Le novità in tema di c.d. “falso in bilancio” e autoriciclaggio richiedono l’adeguamento dei Modelli 231

È stato chiesto al Dipartimento Company Law ed Operazioni Straordinarie un breve quadro delle recenti novità normative che richiedono l’adeguamento dei Modelli di organizzazione, gestione e controllo di cui al d.lgs. 231/2001, con particolare riferimento alle novità concernenti il “falso in bilancio” e l’autoriciclaggio.
Nei primi mesi dell’anno sono stati infatti approvati una serie di interventi normativi che impattano sulla tematica della responsabilità amministrativa degli enti; in particolare, ci riferiamo a:
  1. introduzione del reato di autoriciclaggio (art. 648-ter 1 c.p.);
  2. i contenuti delle nuove Linee Guida dell'Autorità Nazionale Anticorruzione in materia di società controllate e partecipate dalla P.A.;
  3. le modifiche di alcune fattispecie di reati contro la pubblica amministrazione;
  4. le novità in tema di "falso in bilancio" (artt. 2621, 2621-bis, 2622 c.c.);
  5. il nuovo Titolo VI-bis del codice penale dedicato ai reati ambientali.
Commentando brevemente, come richiesto, due dei principali provvedimenti suesposti (falso in bilancio ed autoriciclaggio), si rileva innanzitutto che, in tema di falso in bilancio, il DDL Anticorruzione ha modificato il testo vigente degli artt. 2621 e 2622 del codice civile ed ha introdotto i nuovi artt. 2621-bis e 2621-ter, modificando peraltro l’art. 25-ter, comma 1, del decreto legislativo  n. 231/2001.
Procedendo con ordine, il nuovo testo degli artt. 2621, 2621-bis, 2621-ter e 2622 risulta il seguente:
Art. 2621 (False comunicazioni sociali).
“Fuori dai casi previsti dall'art. 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i  sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per se' o  per  altri un ingiusto profitto, nei bilanci,  nelle  relazioni  o  nelle  altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico,  previste  dalla legge,  consapevolmente  espongono  fatti  materiali  rilevanti   non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la  cui comunicazione è imposta  dalla  legge  sulla  situazione  economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo  al  quale  la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre  altri  in errore, sono puniti con la pena della  reclusione  da  uno  a  cinque anni. 
La stessa pena si applica anche  se  le  falsità  o  le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto  di Terzi”.
Art.  2621-bis  (Fatti  di   lieve  entità).  
“Salvo   che costituiscano piu' grave reato, si applica la pena da sei mesi a  tre anni di reclusione se i fatti di cui all'articolo 2621 sono di  lieve entità, tenuto conto della natura e delle dimensioni della  societa' e delle modalita' o degli effetti della condotta. 
Salvo che costituiscano piu' grave reato, si  applica  la  stessa pena di cui al comma precedente quando i fatti  di  cui  all'articolo 2621 riguardano societa' che  non  superano  i  limiti  indicati  dal secondo comma dell'articolo 1 del regio decreto  16  marzo  1942,  n. 267. In  tale  caso,  il  delitto  e'  procedibile  a  querela  della societa', dei soci, dei creditori o  degli  altri  destinatari  della comunicazione sociale”.
Art. 2621-ter (Non punibilita' per particolare  tenuita').  
“Ai fini della non punibilita' per particolare tenuita' del fatto, di cui all'articolo 131-bis del codice penale, il giudice  valuta,  in  modo prevalente, l'entita' dell'eventuale danno cagionato  alla  societa', ai soci o ai creditori conseguente ai fatti di cui agli articoli 2621 e 2621-bis”
Art. 2622 (False comunicazioni sociali delle societa' quotate). 
“Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti  preposti  alla redazione  dei  documenti  contabili  societari,  i   sindaci   e   i liquidatori di societa' emittenti strumenti finanziari  ammessi  alla negoziazione in un mercato regolamentato italiano o  di  altro  Paese dell'Unione europea, i quali, al fine di conseguire  per  se'  o  per altri un ingiusto profitto, nei  bilanci,  nelle  relazioni  o  nelle altre  comunicazioni  sociali  dirette  ai   soci   o   al   pubblico consapevolmente espongono fatti materiali  non  rispondenti  al  vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti  la  cui  comunicazione  e' imposta  dalla  legge  sulla  situazione  economica,  patrimoniale  finanziaria  della  societa'  o  del  gruppo  al  quale   la   stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in  errore, sono puniti con la pena della reclusione da tre a otto anni. 
Alle societa' indicate nel comma precedente sono equiparate: 
  1) le societa' emittenti strumenti finanziari per i quali e'  stata presentata una  richiesta  di  ammissione  alla  negoziazione  in  un mercato regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea; 
  2)  le  societa'  emittenti  strumenti  finanziari   ammessi   alla negoziazione in un sistema multilaterale di negoziazione italiano; 
  3)  le  societa'  che  controllano  societa'  emittenti   strumenti finanziari ammessi alla  negoziazione  in  un  mercato  regolamentato italiano o di altro Paese dell'Unione europea; 
  4) le societa' che  fanno  appello  al  pubblico  risparmio  o  che comunque lo gestiscono.  Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche se le falsita' o le omissioni  riguardano  beni  posseduti  o  amministrati dalla societa' per conto di terzi”. 
 
Come si evince dal testo normativo, in esito all’entrata in vigore della nuova disciplina nell’ambito delle società non quotate sarà pertanto sanzionata, con la reclusione da uno a cinque anni, l’esposizione di fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero l’omissione di fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo a indurre altri in errore.
A differenza della precedente disciplina, emerge:
  • l’eliminazione delle soglie di punibilità che subordinavano la rilevanza penale a criteri di tipo quantitativo o qualitativo rispetto alle falsificazioni attuate;
  • l’assenza di riferimento alle valutazioni, con conseguente riduzione dei margini di discrezionalità in capo ai giudici;
  • che i fatti materiali esposti od omessi devono risultare “rilevanti” (le omissioni in particolare devono riguardare proprio tali fatti rilevanti e non più generiche informazioni), le falsità devono essere altresì “concretamente idonee” e non più soltanto “idonee” a indurre altri in errore. Considerato che, come evidenziato in dottrina, alcuni termini (rilevanti, concretamente) conferiscono alla fattispecie poca tassatività e determinatezza che normalmente dovrebbero caratterizzare le condotte penali, sarà necessario comprendere, in assenza di soglie quantitative, in base a quali parametri (oggettivi) determinati fatti materiali non rispondenti al vero o l’omissione di essi possano ritenersi “rilevanti”.
  • una pena ridotta per i fatti definiti “di lieve entità”, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta, ovvero per le società non assoggettate alla disciplina del fallimento (ai sensi dell’art. 1 comma 2 del RD 267/1942).
Atteso che i suddetti fatti devono essere “concretamente idonei”, e non più soltanto “idonei”, è stato rilevato che dovrebbe in qualche modo connotarsi di maggiore offensività la condotta.
Si tenga presente, inoltre, che anche nelle false comunicazioni sociali commesse in società quotate il delitto si consuma attraverso le due condotte di esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero ovvero di omissione dei medesimi. Rispetto alle non quotate, peraltro, i fatti materiali non rispondenti al vero non devono essere “rilevanti”. Tale circostanza dovrebbe far concludere per un’estensione della rilevanza penale anche per fatti non veritieri ritenuti di scarsa rilevanza. Si evidenzia infine che, nelle società quotate, la grande severità delle sanzioni (da 3 a 8 anni di reclusione) è giustificata dalla maggior rilevanza e ampiezza degli interessi coinvolti (cfr., tra gli altri, Iorio, “Falso in Bilancio per fatti rilevanti”, Il Sole 24 Ore 23.05.2015 – p- 15; Artusi, “Il nuovo falso in Bilancio è legge”, Il Quotidiano del Commericialista, 22.05.2015).
L’articolo 12 del DDL anticorruzione ha peraltro, come anticipato, provveduto a modificare l’art. 25-ter, comma 1, del d.lgs. 231/2001 come segue:
Art. 25-ter d. lgs. 231/2001 (ANTE-MODIFICA)
Reati societari 
  (( 1. In relazione ai reati  in  materia  societaria  previsti  dal codice  civile,  se  commessi  nell'interesse  della   societa',   da amministratori,  direttori  generali  o  liquidatori  o  da   persone sottoposte alla  loro  vigilanza,  qualora  il  fatto  non  si  fosse realizzato se essi avessero vigilato in  conformita'  degli  obblighi inerenti  alla  loro  carica,  si  applicano  le  seguenti   sanzioni pecuniarie: 
a) per la contravvenzione di false  comunicazioni  sociali,  prevista    dall'articolo 2621 del codice civile, la  sanzione  pecuniaria  da   cento a centocinquanta quote; 
b) per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci  o    dei creditori,  previsto  dall'articolo  2622,  primo  comma,  del   codice  civile,  la  sanzione  pecuniaria  da   centocinquanta   a    trecentotrenta quote; 
c) per il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci  o    dei creditori,  previsto  dall'articolo  2622,  terzo  comma,  del   codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento  a  quattrocento quote; 
d) per  la  contravvenzione   di   falso   in   prospetto,   prevista dall'articolo 2623, primo comma, del codice  civile,  la  sanzione   pecuniaria da cento a centotrenta quote; 
e) per il delitto di falso in prospetto, previsto dall'articolo 2623, secondo comma,  del  codice  civile,  la  sanzione  pecuniaria  da   duecento a trecentotrenta quote; 
f) per  la  contravvenzione  di  falsita'  nelle  relazioni  o  nelle comunicazioni delle societa' di revisione, prevista  dall'articolo  2624, primo comma, del codice civile, la  sanzione  pecuniaria  da cento a centotrenta quote; 
g) per il delitto di falsita' nelle relazioni o  nelle  comunicazioni delle societa' di revisione, previsto dall'articolo 2624,  secondo  comma, del codice civile, la sanzione  pecuniaria  da  duecento  a  quattrocento quote; 
h) per il delitto di impedito controllo, previsto dall'articolo 2625, secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria da  cento   a centottanta quote; 
i) per il delitto  di  formazione  fittizia  del  capitale,  previsto dall'articolo 2632 del codice civile, la  sanzione  pecuniaria  da   cento a centottanta quote; 
l) per il delitto di indebita restituzione dei conferimenti, previsto dall'articolo 2626 del codice civile, la  sanzione  pecuniaria  da   cento a centottanta quote; 
m) per la contravvenzione di  illegale  ripartizione  degli  utili  e delle riserve, prevista dall'articolo 2627 del codice  civile,  la   sanzione pecuniaria da cento a centotrenta quote; 
n) per il delitto di illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della societa' controllante,  previsto  dall'articolo  2628  del   codice civile, la  sanzione  pecuniaria  da  cento  a  centottanta quote; 
o) per  il  delitto  di  operazioni  in  pregiudizio  dei  creditori,previsto  dall'articolo  2629  del  codice  civile,  la   sanzione   pecuniaria da centocinquanta a trecentotrenta quote; 
p) per il delitto di indebita ripartizione dei beni sociali da  parte dei liquidatori, previsto dall'articolo 2633 del codice civile, la   sanzione pecuniaria da centocinquanta a trecentotrenta quote; 
q) per il delitto  di  illecita  influenza  sull'assemblea,  previsto dall'articolo 2636 del codice civile, la  sanzione  pecuniaria  da   centocinquanta a trecentotrenta quote; 
r) per il delitto di aggiotaggio,  previsto  dall'articolo  2637  del codice civile, la sanzione pecuniaria da  duecento  a  cinquecento   quote; 
s) per i delitti  di  ostacolo  all'esercizio  delle  funzioni  delle autorita' pubbliche di  vigilanza,  previsti  dall'articolo  2638, primo e secondo comma, del codice civile, la  sanzione  pecuniaria  da duecento a quattrocento quote; 
  3. Se, in seguito alla commissione dei reati di  cui  al  comma  1,l'ente ha conseguito un profitto di rilevante  entita',  la  sanzionepecuniaria e' aumentata di un terzo. ))
 
Modifiche  alle  disposizioni  sulla  responsabilita'  amministrativa degli enti in relazione ai reati societari  
  1. All'articolo 25-ter, comma 1, del decreto legislativo  8  giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni: 
  a) l'alinea e' sostituito dal seguente: «In relazione ai  reati  in materia societaria previsti dal codice civile, si applicano  all'ente le seguenti sanzioni pecuniarie:»; 
  b) la lettera a) e' sostituita dalla seguente: 
  «a)  per  il  delitto  di  false  comunicazioni  sociali   previsto dall'articolo 2621 del  codice  civile,  la  sanzione  pecuniaria  da duecento a quattrocento quote»; 
  c) dopo la lettera a) e' inserita la seguente: 
  «a-bis) per il delitto  di  false  comunicazioni  sociali  previsto dall'articolo 2621-bis del codice civile, la sanzione  pecuniaria  da cento a duecento quote»; 
  d) la lettera b) e' sostituita dalla seguente: 
  «b)  per  il  delitto  di  false  comunicazioni  sociali   previsto dall'articolo 2622 del  codice  civile,  la  sanzione  pecuniaria  da quattrocento a seicento quote»; 
  e) la lettera c) e' abrogata. 
 
Considerato il notevole aumento delle sanzioni previste per il reato presupposto di false comunicazioni sociali, si rende pertanto opportuno provvedere all’adeguamento della mappatura e della proceduralizzazione del rischio connesso alla commissione di tale reato. Tale inasprimento delle sanzioni potrebbe richiedere, peraltro, di rivalutare la scelta di non dotarsi di un Modello Organizzativo.
Venendo alla tematica dell’autoriciclaggio, si rileva innanzitutto che l’art. 3, comma 3, della legge n. 186/2014, ha introdotto il nuovo art. 648-ter 1 nel codice penale, recante il reato di autoriciclaggio che così recita:
Art. 648-ter.1
Autoriciclaggio

Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.
Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.
Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.
La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.
La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.
Il delitto di autoriciclaggio rientra ora all’interno dei reati presupposto elencati dall’art. 25-octies del d.lgs. 231/2001 che così recita:
Art. 25-octies
Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni  o  utilità  di provenienza illecita ((, nonche' autoriciclaggio)) ).  
  1. In relazione ai reati di cui  agli  articoli  648,  648-bis  ((,648-ter e 648-ter.1)) del  codice  penale,  si  applica  all'ente  la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote. Nel caso in cui il denaro,  i beni o le altre utilità  provengono  da  delitto  per  il  quale  è stabilita la  pena della reclusione superiore  nel  massimo  a  cinque anni si applica la sanzione pecuniaria da 400 a 1000 quote.
  2. Nei casi di condanna per uno dei delitti di cui al  comma  1  si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non superiore a due anni.
  3. In relazione agli illeciti di cui ai commi 1 e 2,  il  Ministero della giustizia, sentito il parere dell'UIF, formula le  osservazioni di cui all'articolo 6 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
 
L’inserimento effettuato dal legislatore all’art. 25-octies impone alle società di mappare e  proceduralizzare il rischio di qualsiasi reinvestimento di beni o denaro nell’interesse e a vantaggio della società, al fine di accertare l’origine lecita di tali proventi. Non devono peraltro essere trascurati i possibili effetti derivanti dal fatto che possono costituire reato presupposto dell’autoriciclaggio anche fattispecie non incluse nell’elencazione contenuta nel d.lgs. 231. Si pensi, ad esempio, ai reati tributari, veicoli tradizionali del reato di riciclaggio e oggetto di lungo dibattito rispetto alla loro possibile inclusione nell’ambito della responsabilità degli enti (cfr. Vernero, Artusi, Parena, “Necessario il refresh dei modelli organizzativi” - Il Quotidiano del Commercialista 28 maggio 2015).
Peraltro, la nuova situazione, come evidenziato in precedenza in merito al “falso in bilancio”, potrebbe sicuramente richiedere di rivalutare la scelta di non dotarsi di un Modello Organizzativo, anche in considerazione delle sanzioni previste all’art. 25-octies del d.lgs. 231/2001.
Concludendo, si rileva che risulta pertanto necessario appurare come procedere all’adeguamento dei Modelli Organizzativi alle novellate disposizioni legislative in materia di falso in bilancio e di autoriciclaggio, valutando se i presidi di controllo interni già identificati in precedenza siano sufficienti a coprire la società dal rischio di commissione di tali reati. A tal proposito, come rilevato dagli operatori del settore (cfr, ad esempio, F. Bianchimani, I modelli organizzativi 231/01 alla prova dell’autoriciclaggio), sarà opportuno approntare le modifiche alla parti speciali dei modelli introducendo le nuove fattispecie di reato oltre ad effettuare una revisione del risk assessment in maniera tale da valutare il livello di rischio associato. Occorrerà peraltro considerare se e in che misura i protocolli operativi già definiti siano sufficienti alla gestione e prevenzione del rischio di commissione del reato. Un importante punto di partenza per effettuare l’adeguamento è rappresentato dalla revisione dei protocolli operativi e dei flussi informativi già formalizzati, che possono rappresentare sicuramente un valido punto di partenza nella predisposizione di precipui protocolli operativi e presidi di controllo connessi ai nuovi reati introdotti.

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