Punto di vista di Nicola Perali

“Ci sono decenni in cui non accade nulla, e settimane in cui accadono decenni” (Lenin). Viviamo un momento in cui è necessario riflettere in profondità e, possibilmente, fare tesoro della drammatica esperienza che stiamo vivendo. La scienza sapeva che un fenomeno epidemico ci avrebbe colpito, certamente non quando e quanto violento. Siamo stati distratti, come ci ha ricordato Bill Gates, e non abbiamo saputo creare società che fossero in qualche modo resilienti ai rischi epidemici. Ora sappiamo che il mondo non sarà mai più come quello di prima e ci domandiamo se e come potrà essere migliore.

Sono eventi di questa portata, purtroppo, che dovrebbero indurci a prendere una pausa e riflettere se, anche nella sfera della finanza personale, siano disponibili processi che ci consentano di mitigare gli effetti perniciosi sul nostro benessere finanziario causati da un virus di cui si conosce poco. La risposta è positiva, la comunità scientifica finanziaria in realtà lo conosce molto bene ed infatti il vaccino è già disponibile, anche in Italia (finalmente, da fine 2018 sono state istituite dal legislatore le società di consulenza finanziarie indipendenti o SCF), e accessibile a qualsiasi investitore attento, curioso intellettualmente e mentalmente aperto: in grado di superare resistenze ataviche legate sia alla panacea dello “status quo” sia al timore di dover rivedere continuamente le numerose trappole mentali che minacciano il buon processo decisionale.

La diagnostica – “il tampone”
Nel nostro ruolo di multi-family office indipendente, veniamo spesso chiamati da famiglie di investitori a formulare analisi di “second opinion” sull’ operato di attori facenti parte dell’industria del risparmio gestito: private banks, SIM blasonate, reti di promotori, etc. Si tratta di una diagnostica, come un “tampone”.  Il quadro che emerge è sempre, per tutti, preoccupante: per i risultati fortemente deludenti e, quel che è peggio, per la totale assenza di consapevolezza da parte dell’investitore, per quanto sospettoso. Sappiamo altresì che la situazione, “là fuori”, è uguale per tutti. L’investitore non sa dov’è, dove è diretto e quali progressi sono stati fatti per arrivare a destinazione.

C’è un filo conduttore, un virus il cui morbo infetta lentamente la salute, cioè il benessere finanziario del paziente-investitore: è il conflitto di interesse. Abbassa le difese immunitarie, senza per forza procurare il decesso immediato. Gli incentivi del consulente non sono allineati con quelli dell’investitore e, come sanno bene gli economisti, questa situazione porta inequivocabilmente a distorsioni allarmanti. E’ un problema di “business model” del consulente, che prevede una sola condizione necessaria (anche se non sufficiente) per essere efficace: l’essere remunerato, tramite parcella, solo ed esclusivamente dal cliente-investitore.  

La falsa narrativa – “l’omeopatia”
Ed è proprio dagli eventi di portata epocale come quelli che stiamo vivendo che scaturisce una pericolosa ansia decisionale, che colpisce soprattutto la sfera della finanza personale. L’ investitore, in preda alla confusione, si pone alla spasmodica ricerca di “informazioni utili” a proteggere meglio il proprio patrimonio o a cogliere delle opportunità, a seconda delle circostanze e dei suoi bias personali. Le informazioni, affinchè l’investitore le possa percepire come utili, prendono la forma di previsioni. Il recupero sarà a forma di “U”, di “V”, di “L” o di “W”? Quanto più le previsioni provengono da istituzioni blasonate, tanto più l’investitore, comprensibilmente, si sente rassicurato e fiducioso nel compiere nuove azioni.  

Tuttavia, è lecito chiedersi se tutte queste analisi previsionali rappresentino davvero un vantaggio informativo e se informazioni disponibili a tutti, nello stesso momento, possano essere sfruttate per trarne vantaggio. La letteratura scientifica, e tutta l’evidenza empirica su cui questa si basa, dimostra il contrario. Operare in un contesto di incertezza con la presunzione di poter agire in funzione di dotte previsioni può, quindi, risultare deleterio.

Nel contesto attuale, caratterizzato da più incertezza del solito, la narrativa di tenere monitorata la situazione ed essere pronti ad agire in base a come questa evolverà serve solo a creare una pericolosa illusione di controllo. Proviamo a pensare alla sconfortante complessità della filiera delle previsioni, considerando quelle di secondo, terzo e quarto ordine: la diffusione del virus, le decisioni delle autorità, il comportamento delle popolazioni e come reagiranno gli investitori.  
Il mercato finanziario è invece una macchina formidabile – un “sistema complesso” - che assorbe istantaneamente tutte le nuove informazioni. Pertanto, è statisticamente molto improbabile riuscire ad anticiparlo: il prezzo del giorno dopo si forma solo con nuove informazioni.   

Perché dunque questa logica del processo decisionale fondato sulle previsioni resta dominante, seppur sia appurata la sua fallacia? È evidente che ci sono degli interessi economici che la sostengono. In particolare, per l’industria del risparmio gestito, il cui business model consiste nel produrre e vendere prodotti agli investitori, la capacità di fare previsioni e di selezionare i fondi/gestori migliori rappresenta uno dei principali selling point, attraverso il quale si riesce a convincere facilmente l’investitore e al contempo si possono massimizzare i propri profitti, giustificando costi elevati per soluzioni standardizzate da cui si ottengono economie di scala (a favore del solo intermediario). Citando il premio Nobel Rita Levi Montalcini: “l’omeopatia (la previsione) è una non cura, potenzialmente pericolosa, perché sottrae i pazienti da cure valide (la personalizzazione)”.

La personalizzazione – “l’immunizzazione”
L’unica cura possibile è la prevenzione, che consente di invertire il focus da ciò che non si può controllare (i mercati), a ciò che si può controllare (la sfera personale). La prevenzione consiste nella pianificazione efficiente delle esigenze specifiche dell’investitore nel breve, medio e lungo periodo, attraverso la creazione di singoli portafogli dedicati.  

Almeno un portafoglio avrà il compito di proteggere con certezza gli impegni di breve e medio termine e sarà composto da singole obbligazioni di elevato merito di credito.  Come tale sarà immune ai capricci o alle isterie dei mercati finanziari.

In assenza di altri desiderata di più lungo termine, il resto del patrimonio finanziario andrà allocato a un secondo portafoglio, il quale sarà ben diversificato, a basso costo e avrà a disposizione un orizzonte temporale sufficientemente lungo, durante il quale potrà fluttuare in modo casuale e imprevedibile senza che l’investitore debba preoccuparsi di cosa accade sui mercati, evitando così anche le classiche trappole comportamentali (di cui si potrà parlare in un successivo “punto di vista”).

Di fatto, l’investitore che pianifica è già protetto dagli shock esterni, nel rispetto dei sani principi che regolano il processo appena descritto. Anzi, per l’investitore che si è avvalso di un processo di pianificazione dei fabbisogni che lega gli investimenti agli impegni futuri, si evita che eventuali prelievi e conferimenti vengano effettuati nel momento meno opportuno, comprando alto e vendendo basso. E una riduzione sensibile dei prezzi diventa un’occasione di acquisto.

In conclusione, la pianificazione personalizzata ed efficiente permette di non inseguire il mercato con i suoi ineludibili alti e bassi e di proteggersi preventivamente, sfuggendo alla falsa narrativa delle previsioni. Il coaching finanziario, strumento indispensabile del consulente credibile in quanto indipendente, consente all’ investitore depurato dalle tossine delle bugie confortevoli di sviluppare gli anticorpi della consapevolezza.  

Nicola Perali
Co-Fondatore di Panrhema SCF Srl
Consulenza Finanziaria Indipendente
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