Trasferimenti di società “senza azienda” esclusi dalla esenzione da imposta di donazione e successione - risposta a Interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 552/2021

09/09/2021

Trasferimenti di società “senza azienda” esclusi dalla esenzione da imposta di donazione e successione - risposta a Interpello dell’Agenzia delle Entrate n. 552/2021
di Matteo Tambalo e Chiara Chirico

Con la risposta ad interpello n. 552 del 25 agosto 2021, l'Agenzia delle Entrate è intervenuta nel chiarire l’ambito di applicazione dell’esenzione da imposta sulle successioni e donazioni prevista dall’articolo 3, comma 4-ter del d.lgs. n. 346/1990.

La norma prevede l’esenzione da imposizione per i trasferimenti di aziende o partecipazioni, anche effettuati mediante patti di famiglia, in favore dei discendenti e del coniuge del dante causa. La disposizione precisa che nell’ipotesi in cui oggetto di trasferimento siano quote e azioni di società, il beneficio è accordato a condizione che la cessione consenta l’acquisizione o l’integrazione del controllo. In ogni caso, ai fini dell’applicazione dell’esenzione i beneficiari sono tenuti a proseguire l’esercizio dell’attività o a mantenere il controllo per almeno il quinquennio successivo.

Nella risposta in commento, l’Agenzia delle Entrate esprime il rilevante principio secondo il quale, data la ratio giustificativa del beneficio riconducibile alla volontà di agevolare il subentro in realtà imprenditoriali produttive, ai fini dell’applicazione dell’esenzione sarebbe necessario il controllo (diretto o indiretto) dell’azienda, in mancanza del quale verrebbe meno l’oggetto principale della disposizione agevolativa.  
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Il principio fissato dall’Agenzia delle Entrate si inserisce nella disamina di una articolata riorganizzazione aziendale che, per quanto qui di interesse, prende avvio dal riassetto della compagine societaria di ALFA Spa, passa per il conferimento delle partecipazioni del socio istante (20,52%) in una società holding di famiglia di nuova costituzione interamente partecipata e quindi vede il loro trasferimento in una nuova super holding cui confluisce l’intero capitale di ALFA Spa.

A valle del riassetto societario è previsto il trasferimento delle partecipazioni detenute dall’istante nella holding di famiglia ai tre figli mediante la stipula di un patto di famiglia ai sensi dell’articolo 768-bis cod. civ., nell’ottica del passaggio generazione del proprio patrimonio azionario.

L’istante ritiene di poter effettuare il trasferimento delle partecipazioni ai figli in esenzione da imposta di donazione ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter del d.lgs. 346/1990 in considerazione del fatto che le partecipazioni cedute farebbero acquisire il controllo della holding ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1), cod. civ. (a mezzo della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria) e che i tre figli renderebbero apposita dichiarazione con l’impegno a mantenere detto controllo societario per almeno cinque anni.

Contrariamente a quanto prospettato dal contribuente, l’Amministrazione Finanziaria ritiene che nel caso di specie non sussistano le condizioni di legge per beneficiare della disposizione agevolativa di cui all’articolo 3, comma 4-ter del d.lgs. 346/1990.

Facendo proprio quanto di recente osservato dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 120 del 23 giugno 2020), l’Agenzia delle Entrate chiarisce la ratio della esenzione nella volontà di agevolare, eliminando l’onere fiscale correlato al trasferimento per successione o donazione, la continuità generazionale dell’impresa nell’ambito dei discendenti nella famiglia in una vicenda sostanzialmente anticipatoria rispetto alla successione mortis causa.

Si legge in particolare nella risposta che “Tale scopo della norma è innanzitutto evincibile dal suo tenore letterale che, da un lato, riguarda esclusivamente complessi aziendali, partecipazioni sociali e azioni; dall’altro, subordina la fruizione del beneficio a condizione che i discendenti proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo di almeno cinque anni”, con la precisazione che “L’agevolazione in esame, tuttavia,  non è destinata direttamente all’impresa ma ad agevolarne la continuità a favore dei discendenti nel momento del passaggio generazionale”.

Conclude pertanto l’Agenzia delle Entrate affermando che “Ciò che merita rilievo, quindi, è la necessaria ed indispensabile presenza dell’oggetto principale della disposizione agevolativa in esame, vale a dire la sussistenza di un’azienda di famiglia, intesa quale realtà imprenditoriale produttiva meritevole di essere tutelata anche nella fase del suo passaggio generazionale, anche per evitare “una conseguente perdita dei posti di lavoro e ulteriori ripercussioni sul tessuto economico”. Di contro, ne deriva che in assenza di una “azienda”, l’applicazione dell’agevolazione de qua violerebbe la ratio della disposizione medesima”.

Nell’ottica erariale, oggetto imprescindibile della norma di agevolazione sarebbe quindi l’esistenza di un’azienda, da intendersi quale realtà imprenditoriale produttiva, cui sarebbe sottesa, tra il resto, la garanzia dei livelli occupazionali e quindi del diritto al lavoro.

Poiché nel caso di specie la holding di famiglia le cui partecipazioni verrebbero trasferite ai discendenti non detiene il controllo di ALFA Spa bensì una quota (di minoranza) della super holding effettiva controllante l’impresa, mancherebbe l’oggetto principale della disposizione agevolativa data la carenza del requisito del controllo sull’impresa.
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Le conclusioni cui giunge la risposta all’interpello sono di immediato impatto se si considera che il conferimento di partecipazione in una holding neo-costituita e il successivo trasferimento ai discendenti delle partecipazioni della holding, in esenzione da imposta, costituisce modalità ricorrente tra gli operatori del settore ai fini del passaggio generazionale delle imprese.

Senza entrare in questa sede nel merito dei principi affermati dalla Consulta, che secondo autorevole dottrina già racchiuderebbero un monito al legislatore nel senso di limitare l’applicazione della esenzione in esame1 , la soluzione fatta propria dall’Agenzia delle Entrate lascia spazio a dubbi e obiezioni.

La stessa viene infatti supportata da una pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza n. 120 del 23 giugno 2020) avente ad oggetto il vaglio di legittimità dell’articolo 3, comma 4-ter del d.lgs. 346/1990 il quale, nella sua precedente versione, non includeva anche i trasferimenti al coniuge tra quelli beneficiari dell’esenzione. In quel contesto, l’accento posto sul concetto di impresa come entità produttiva si spiegava, invero, nello sforzo di ricostruire, secondo una lettura costituzionalmente orientata della previsione, la scelta legislativa di escludere il coniuge dal beneficio.

Ma anche a voler mantenere le osservazioni in merito alla ricostruzione della ratio della esenzione, dalla lettera della norma non sarebbero presenti limiti alla applicazione del beneficio che siano ulteriori rispetto alle due condizioni espressamente previste (nel caso di partecipazioni in società di capitali: acquisizione o integrazione del controllo della società le cui partecipazioni sono trasferite e mantenimento del controllo per un quinquennio); nella norma mancherebbe, con riguardo al trasferimento di partecipazioni, in sostanza, l’identificazione dell’azienda sottostante quale necessario oggetto della disposizione agevolativa. In questo senso, la soluzione raggiunta nell’interpello parrebbe, a chi scrive, andare oltre la lettera della norma.

A livello sistematico, infine, la soluzione restrittiva non parrebbe coerente con la recente introduzione del comma 2-bis all’articolo 177 del TUIR ad opera del Decreto Crescita 20192  che ha esteso il regime del c.d. “realizzo controllato” di cui al comma 2 della stessa norma anche ai conferimenti di partecipazioni non di controllo, strumento utilizzato per operazioni di riassetti societari in ambito familiare anche in un’ottica di passaggio generazionale. Strada peraltro ulteriormente appianata dall’Agenzia delle Entrate che, con la risposta all’interpello n. 450/2019, ha già ritenuto che il conferimento di partecipazioni in regime di “realizzo controllato” ai sensi del citato articolo 177 del TUIR, seguìto dalla stipula di un patto di famiglia, non comporterebbe il conseguimento di vantaggi fiscali indebiti trattandosi di un’operazione riorganizzativa finalizzata al passaggio generazionale.

Data la riferita importanza pratica, la questione rimane aperta e si resta in attesa di successivi interventi.

 1 Così G. CORASANITI, I profili tributari del passaggio generazionale delle imprese tra condizioni di obiettiva incertezza interpretativa e (probabili) interventi di riforma, in Diritto e Pratica Tributaria, 5 / 2020, p. 1872.

 2 D.L. 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 giugno 2019, n. 58.


 

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