A cura di Alessandro Dalla Sega
Risale a sedici anni fa la nota pronuncia delle SS.UU. della Suprema Corte sul danno nella revocatoria fallimentare (n. 7028/2006) la quale ha accolto la teoria c.d. "anti-indennitaria" (o "redistributiva") che identifica il pregiudizio nell'alterazione della par condicio creditorum ricollegabile, per presunzione legale ed assoluta, all'uscita del bene dalla massa conseguente al compimento dell'atto dispositivo. Un arresto, quello del 2006, al quale ha fatto seguito una pronuncia per cui il terzo revocato ha diritto all'insinuazione al passivo per il proprio eventuale credito, ai sensi dell'art. 70, co. 2 LF solo in via chirografaria (Cass. n. 19978/2008). Con l'ordinanza n. 5049 del 16.02.2022 le SS.UU. della Corte di Cassazione, sciogliendo un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che la revoca ex art. 67 LF del pagamento eseguito in favore del creditore pignoratizio, con il ricavato della vendita del bene oggetto del pegno, determina il diritto del creditore che ha subito la revocatoria ad insinuarsi al passivo del fallimento con il medesimo privilegio di cui godeva prima del pagamento ricevuto, nel rispetto delle regole distributive di cui agli artt. 111 bis / ter / quater LF.